Cura, ricchezza, esclusività, qualità, benessere, attenzione per l’ospite: l’opulenza della colazione del Grand Hotel Principe di Piemonte. - di Gianluca Donadini
Salgo da Lajatico, borgo che amo della Valdera. Viareggio è oltre Pisa e in una mattina di settembre temo il traffico. La FiPiLi ha le sue criticità specialmente in uscita a Pisa mentre la statale della Valdera ha il suo via vai che per noi lombardi è poca cosa. Siamo a Viareggio di prima mattina. Dal mare le colline di Massarosa, Casole di Camaiore e Monteggiori sono ombreggiate da nuvole imponenti mentre Viareggio ha una spiaggia che si sta risvegliando, i bagni immersi in un timido sole traverso e nella operosità meticolosa dei bagnini che assettano l’arenile apparecchiandolo per la giornata a mare. La Passeggiata con i suoi contrasti tra Decadentismo e Razionalismo che ne hanno raffigurato la cifra stilistica alla sua nascita ha un suo fascino anche in un tempo di mezzo in cui la stagione si sta spegnendo. Malgrado l’autunno si avvicini non è difficile riviverne i fasti leggendo le parole misurate di Tobino o lasciandosi alle immagini di una cinematografia di un Dino Risi ispiratissimo ne Il Sorpasso che hanno celebrato questo viale amplissimo per tutti sinonimo di Carnevale, di mare di una riviera dalla vocazione turistica antica grazie alla predilezione di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, che aveva la sua villa proprio qui. Ma Viareggio, città di marinai, maestri d’ascia e calafati, del porto e dei canali, delle case ‘viareggine’ a un piano, con cortile interno, passetto e casetta in fondo all’orto, con lo sviluppo della talassoterapia e delle cure elioterapiche, il fascino e la moda dei bagni a mare, il mito della mens sana in corpore sano in gran voga nel Ventennio, acquista una vocazione turistica che porta glamour, vita mondana, jet set in ‘quell’ambiente meraviglioso, la magnifica spiaggia e la scintillante illuminazione’ coordinati da cinema, caffè e un hotellerie elegante. A questo fermento vitale si associa il fascino dell’opera, Viareggio è città della musica, come dimenticare Puccini che a Torre del Lago aveva casa e ha composto le sue liriche più belle, delle pinete, quella di ponente e quella di levante che scende fino alla tenuta di San Rossore, del calcio con la coppa Carnevale e dell’editoria con il Premio Viareggio. Il Grand Hotel Principe di Piemonte è il simbolo di Viareggio stazione balneare d’eccellenza di quella Epoca Bella che ha segnato con gli stilemi del Liberty la Versilia, quella dei grandi alberghi frequentati dalla ricca borghesia e dagli aristocratici che facevano della costa toscana una meta turistica d’eccezione: il De Russie oggi Plaza, il Regina, il Royal, il Mediterranée oggi Palace, l’Astor, l’Imperial, la Pace, il Majestic, la Pensione Pini. Ma è il simbolo di una moderna hotellerie sopravvissuta magnificamente ad un secolo e più di storia, che fa sua una ricetta che combina il fascino glamour del passato con la modernità di una filosofia d’accoglienza precisa ed elegante, capace di stare al passo coi tempi.
La miglior colazione d’Italia – La miglior colazione d’albergo 2024 è servita proprio al Principe di Piemonte. Nato nel 1922 come Hotel Select su progetto di De Micheli e Giovannozzi, diviene Principe di Piemonte in onore di Umberto di Savoia, futuro Re d’Italia, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Cinque piani, 80 camere, 32 suite, ricorda nella struttura gli alberghi della Costa Azzurra con le pareti che confluiscono in una facciata d’angolo arrotondata. Cattura fin da subito l’attenzione con servizi all’avanguardia come i primi apparecchi telefonici, una lavanderia automatica e l’acqua calda nelle camere. Il Principino, architettura razionale a mare, come il regime volle gli edifici lungo la Passeggiata verso Camaiore a simbolo di salubre nerborutezza dell’italianità idealizzata dell’epoca, cura i servizi leasure dando ordine alla spiaggia con i suoi archi metafisici, le sale convegni e i bagni che richiamano una nave. Notoria è la cura e l’eleganza dell’accoglienza e dei servizi di cui godono gli ospiti de Il Principe. E l’Hotel è altrettanto celebrato per i servizi di ristorazione. Bistrot, bar e ristorante curano un’offerta di classe grazie alla quale il cliente trova spazio per un incontro mai banale con una cucina gourmet di altissima tecnica e di sinceri affetti, rispettosa senza essere rinunciataria, dove si beve bene e si può oziare con la chiacchiera bella sorseggiando un 101 di Simone Corsini. Nella veranda il Principe ospita un ristorante bistellato guidato da Giuseppe Mancino, un passato con Raschi, Iannone, Ducasse, Gualtiero Marchesi e una permanenza ventennale, quasi un record, qui al Principe. Mancino è campano di Sarno e le radici contano nella sua cucina. Ma sa essere toscano e cittadino del mondo, viaggiatore poliedrico, prestigiatore capace di fondere con rispetto e attenzione elementi di lontane culture, l’Asia tanto amata soprattutto. Si porta all’eccellenza la tradizione senza paura di svecchiarla quanto basta perché la rivisitazione non risulti un tradimento. E gioca con l’illusione, si pensi al ‘finto manzo’ piatto iconico in cui l’anguria si finge da carne con una credibilità difficilmente smascherabile anche dal più attento avventore.
Il Liberty… ma non solo. – La ristrutturazione dello studio S+S di Firenze è tutt’altro che invasiva. La reception de Il Principe rimane essenziale e non toglie spazio alla bella scalinata dove danzano carpe koi intessute in una elegante passatoia alla luce di uno scenografico lampadario di Murano che nella sua presenza ha leggerezza unica. Al piano terra ci sono diversi spazi intimi e singolari, dalla Sala Cinese, che evoca il viaggio e l’esplorazione, alla Sala Guttuso, che ospita la collezione di quadri ‘Lo Zodiaco’ del maestro. Elementi di arte moderna trovano spazi di luce o di forma, dipende dai casi, che dirigono l’attenzione. Così Coleoptera Green di Stefano Bombardieri, è un magnifico scarabeo verde che sovrasta la porta che immette al bar; Setole di Francesca Pasquali irrompe con filamenti di spazzole sintetiche attentamente disposte che spuntano come elementi cromatici blu e gialli sinth pop; Stati di Allerta di Emanuele Giannelli sono l’elemento guardingo che scruta l’esotica sala cinese.
Uno chef che ha ottenuto due stelle si occupa delle colazioni. – Giuseppe Mancino è uomo schietto e sincero. Quando lo incontro nella sala del ristorante Il Piccolo Principe mi confessa che: ‘Tutte le mattine ho la fortuna di vivere la colazione. Sono uno dei pochi chef stellati che ha quotidianamente il piacere di servirle. È il mio modo di dire grazie all’ospite. Ed è un piacere quando un ospite, questo capita principalmente con gli stranieri, entrando nella Sala degli Arazzi prova un’emozione molto forte, di stupore e meraviglia. Mi fa impazzire questa reazione e mi riempie di gioia. Confesso che siamo fortunati. Ho una Proprietà che mi mette a disposizione ogni mezzo per farmi divertire e stimolare la brigata e far vivere un’emozione agli ospiti. Per questo tutto deve essere perfetto e, malgrado l’eccellenza della nostra colazione, cerchiamo di migliorarci continuamente’.
Il personale di sala conta e fa la differenza. – Siamo nella Sala degli Arazzi. Gli spazi sono studiati per garantire privacy senza eccessivo isolamento. Il personale di sala ha cortesia e professionalità, opera con sinergia e offre un servizio personalizzato con cura. Lorenzo e Rossana comunicano con sguardi, sorrisi e la giusta parola in un’equilibrata gestione della comunicazione verbale e non verbale. Coinvolgimento, interesse, empatia, fascino, disinvoltura: l’accoglienza del personale di sala ha la stessa malia stilistica dei servizi de Il Principe senza cedere nulla sulla cifra della personalità di Lorenzo e Rossana che emerge sicura, pur non essendo né esuberante né invadente. Il successo di una colazione perfetta nasce da qui, dalla naturale empatia della sala che ha una parola sulla musica di sottofondo (si discute con Rossana degli autori e delle scelte stilistiche), sulle decorazioni (la libellula è elemento decorativo che mi ritorna nel Liberty), sugli arredi, sulla scrittura ( di quanto apra e sveli e si debba superare un certo senso di pudore per scrivere) e sul train de vie di Viareggio e sull’inclusività della Versilia per chi vi si trasferisce per lavoro o per amore, o, sulle scelte professionali cui la vita ci costringe o cui costringiamo le nostre vite. C’è passione nei ragazzi e si nota. C’è piacere nella condivisione. C’è interesse all’ascolto dell’altro, partecipazione al proprio racconto, senza che questo sia un esercizio sterile di maniera. Con Lorenzo facciamo una panoramica del buffet e dei servizi à la carte e non potremmo avere padrone di casa migliore nello svelarci vizi segreti e pubbliche virtù della colazione a Il Principe.
Un ricco buffet – Abbiamo sia special del giorno come la zizzona di bufala con acciughe e limone che piatti del giorno come il blignis con il caviale e la panna acida. La stazione del sushi è preparata alla minuta con i nigiri e gli uramaki e le salse di accompagnamento che sono di una lineare bellezza. Arricchiscono l’offerta zuppe di miso, il ramen, mazzancolle e scampi, cicale al vapore o insaporite con aglio, olio e peperoncino; il salmone Balik, le ostriche. La sezione centrale è dedicata alla pasticceria prodotta dal laboratorio interno. Non si contano le torte e gli sfogliati, plain o con pistacchio, creme o cioccolato. Spiccano la frangipane alla pesca, la finanziera ai frutti rossi, i bignè, le tartellette alla frutta. Le pesche di Prato, fascinose per bellezza, riprendono una celebrazione molto patriottica che ha rischiato per anni di andare perduta. Abbiamo waffles e pancake, cookies con macadamia e cioccolato. ‘La nostra selezione di cereali e frutta secca è ricchissima per una vera esperienza macrobiotica così come ricca è la scelta di yogurt, sia sfusi sia confezionati, e la selezione di latti’. Non mancano tortillas di ogni tipo, verdure cotte e crude. Centralmente alla sala, imponenti vasi di fiori si alternano a sculture di cioccolato, maestose opere del maître chocolatier Riccardo Patalani, nato artista e scultore del bronzo grazie ai trascorsi all’accademia di belle arti di Carrara e ora al servizio della storica pasticceria di famiglia di via Zanardelli qui a Viareggio. Aumenta la presenza degli ospiti mediorientali ed ecco che si introduce un corner dedicato a hummus, cous-cous, falafel, chicken kabsa, babaganoush, salsa sriracha che più che mediorientale è tailandese, datteri.
Ci sono il roastbeef, salsicce di pollo e di suino, bacon, uova di ogni tipo servite in soffici nuvole, nella scenografica versione alla carbonara, fritte o strapazzate, poché o nel trionfo della coloratissima piramide delle sode cotte 4 minuti. Le omelette sono tutte preparate al momento e ordinate à la carte.
I lievitati giocano sulla qualità delle farine e i tempi lunghi delle lievitazioni. Nessuno ha fretta. La selezione di pani è ampia, disegna un excursus sui pani toscani e fa una rivista dei pani siciliani per passare a pani al latte, con farro e noci, pomodorini, uvetta, cacao, curcuma, sesamo. Ci sono grissini e la tipica schiaccia.
I formaggi sono in un crescendo di gusto. Si passa dai formaggi spalmabili alle mozzarelline, ai nodini, alle robioline, alla feta, al brie, ai pecorini, all’asiago, all’emmenthal, allo stracchino, al blu di bufala, alla ricotta del pastore per finire con la selezione di formaggi francesi tenuti giustamente sotto campana di vetro per controllarne l’aromaticità.
Il banco delle crudités è un trionfo di frutta e verdura di ogni tipo. Possiamo costruirci insalate personalizzate per goderne i piaceri della masticazione o centrifugati che ne estraggono l’essenza più salubre e nutriente. Ananas – zenzero – mela verde, acero – arancia – limone – carote, spinaci – sedano – finocchio e cetriolo sono i mix studiati e già pronti per la consumazione.
La colazione è un importante biglietto da visita – ‘In un contesto d’hotel la colazione è un biglietto da visita’ mi confessa Giuseppe Mancino. ‘Considera che il 95% dei clienti passa dal Salone degli Arazzi ogni mattina: camere e colazione sono due punti chiave per la valutazione di un hotel, di cui tutti fanno esperienza e su cui tutti possono esprimere un giudizio. Pur avendo un ristorante bistellato e un bistrot importante a cote dell’infinity pool del roof top abbiamo bisogno di un passaggio decisamente gourmet anche a colazione. È una scelta stilistica prima di tutto. Ma non solo. È ormai abitudine consolidata passare al Principe per il buffet della colazione pur non pernottando nella nostra struttura. È una coccola, una gratificazione che molti si concedono specialmente nei week end e la colazione deve essere glamour per riassumere in un pasto che è molto più di un brunch tutto l’allure del Principe di Piemonte se si vuole soddisfare le attese di chi vuole vivere l’atmosfera di sognante eleganza dell’hotel con un vero pasto d’inizio giornata o con un solo piatto iconico del mattino. Non possiamo abbassare il tono della proposta riportando la colazione in un contesto di maggiore sobrietà giustificando la scelta con considerazioni sull’offerta già sofisticata di fine dining del nostro ristorante bistellato. Tradiremmo le aspettative di molti, specialmente dei tanti clienti che, ormai affezionati ai livelli qualitativi dello stellato, vengono a trovarci per i piatti più iconici della colazione con le stesse aspettative che ripongono nella cucina di chef Mancino che ritrovano ai tavoli de Il Piccolo Principe ’.
Qualità circolare – ‘Crediamo in un percorso di qualità circolare ed è per noi importante che la colazione sia una continuazione dell’esperienza del lusso senza interruzioni di continuità’. Continua Giuseppe. ‘Non vogliamo lasciare una zona di comfort più agile in cui il cliente si rilassi in un contesto casual pop’. In fondo cosa vuol dire lusso se non una raffinata squisitezza, eleganza, distinzione in cui il coinvolgimento emozionale non può che essere alto e intenso e attraversare ogni ora della nostra giornata. Non ci vogliono cali di tensione e una diminutio emozionale. Abbiamo un servizio e un’offerta costruita attorno a infiniti piccoli dettagli che tengono alta la cura. E anche la colazione merita questo livello di attenzione. Pensi al burro di Normandia, al Parmigiano Vacche Rosse 30 mesi, al salmone Balik, al pata negra, al culatello, alla ruota panoramica che offre piccola pasticceria e cioccolati, al miele di spiaggia e alla frutta sciroppata tagliata a mano dove ogni pezzo è diverso e per questo unico. Sono, queste, cifre identitarie che descrivono il senso della qualità a tutto tondo del nostro servizio, ricco e opulento, educato e preciso. Tutto quello che facciamo è in sé ‘extra ordinario’ ma vogliamo che sia percepito come ordinario, come il quotidiano esercizio di un elevatissimo standard di qualità di materie prime, lavorazioni e servizio e non come l’eccellente eccezione, una misura emergenziale una tantum.
I feedback sono importanti – La clientela dell’Hotel è internazionale. Però anche quest’anno abbiamo molti italiani. Tradizione vuole che gli uni preferiscano il salato, gli altri il dolce. Ma i trend cambiano in un mondo che corre veloce. I feedback per noi sono importantissimi per capire le esigenze di ognuno. Vorremmo che siano soddisfatte prima ancora che ci vengano segnalate in sala, se possibile. Non si deve mai porre l’ospite nella condizione disagevole di chiedere e di avvertire l’imbarazzo di essere di troppo o ‘sbagliato’ perché non trova nel ricco buffet da noi offerto quel cibo di conforto che ha il piacere di consumare. Rendere ordinario lo straordinario è una filosofia che ci descrive bene.
La comunicazione con il tavolo – La comunicazione con il tavolo è fondamentale. Per questo il personale di sala ha un valore enorme nel successo con il cliente. Questi può essere più o meno empatico e sta al personale trovare una chiave di dialogo senza risultare troppo invasivi o troppo distanti. È sempre una questione di equilibrio che richiede una fine lettura e la capacità di sintonizzarsi con il mood dell’ospite. Il segreto è essere riservati con chi chiede discrezione riducendo il servizio ai gesti essenziali; essere l’amico della porta accanto, un confessore discreto di chi apre gli accessi più reconditi del proprio io. Gli Italiani rimangono culturalmente più portati a una colazione dolce malgrado la struttura dei nostri corner inducano all’assaggio e a sperimentare. Trovare una chiave di relazione che porti ad un dialogo può aprire le porte all’assaggio delle nostre uova, alle tentazioni del sushi, all’ ostrica, ai formaggi francesi e, perché no, ai corner culturalmente più distanti della cucina mediorientale anche ai più ostinanti amanti della colazione ‘dolce’. Ma ci vuole fiducia. Senza fiducia non si accetta la novità perché viene meno un affidamento. Benevolenza è forse una parola desueta che agisce però come una chiave di lettura dello spirito del nostro servizio che prende forma grazie a un interesse genuino verso gli ospiti, coltivando l’empatia ed offrendo un supporto concreto alla consumazione e all’assaggio.
Avere memoria – La permanenza degli ospiti è di un week end o di qualche giorno, difficilmente di una settimana. Ma c’è una fidelizzazione alta. E quindi il welcoming deve fare memoria di ogni esigenza in vista di visite future, che sia un passaggio al nostro stellato, al bistrot o alla Sala degli Arazzi per la colazione. Gli ospiti devono sentirsi a casa, affidati a mani premurose. Abbiamo quindi il dovere di ricordare ogni preferenza fattasi desiderio se vogliamo che il soggiorno sia memorabile. Pur studiando nei dettagli il profilo dell’ospite, il nostro servizio deve poter apparire naturale, come se il personale di sala conoscesse da sempre il cliente. A partire da Rossana, fine affabulatrice, discreta presenza, attenta hostess di sala, una semplice chiacchierata è una preziosa occasione di conoscenza attraverso cui raccogliamo una serie di particolari che delineano il profilo del cliente e certificano la nostra attenzione nell’offerta di un servizio tailor made che viene percepito come una coccola, di quelle che normalmente ci si scambiano in famiglia. Per questo ci vuole attenzione, cura dei dettagli, amore. Quello che giustamente sembra un servizio naturale è il frutto di un lungo studio e di una lettura molto approfondita dei nostri ospiti. C’è studio, c’è costanza, c’è registrazione. Tracciamo e teniamo memoria. Perché c’è rispetto e ogni persona merita di essere ricordata. L’amore è anche fatto di annotazioni, di cura, di particolari.
I clienti sono metodici – Molti clienti sono metodici. Amano avere lo stesso tavolo, usare la stessa sedia, bere la stessa acqua. Bisogna annotare questi particolari che sono alla base del benessere individuale più di quanto crediamo. La scelta del tavolo, della seduta a tavola, del posizionamento del tavolo nella sala colazione e del livello di privacy che queste scelte garantiscono hanno profondi significati psicologici che dipendono dalla personalità dell’ospite e influenzano le risposte emozionali e di gradimento che determinano il benessere percepito di un’esperienza. Da etologo non posso dimenticare che siamo animali ogni giorno in lotta per la sopravvivenza, capaci di mettere in atto meccanismi comportamentali difensivi le cui radici profonde appartengono a quelle risposte evolutive che hanno garantito la sopravvivenza della nostra specie e grazie alle quali evitiamo stress, in luoghi pubblici come una sala colazione in cui, volenti o nolenti, siamo esposti a sconosciuti che condizionano il nostro agio di movimento.
L’attitudine alla cura – E l’attitudine alla cura la vediamo nell’idea che governa la gestione delle offerte gluten-free e free from più in generale. Nessun ospite deve sentirsi vulnerabile e la nostra idea di cura abbraccia questo concetto. Cura è una parola polisemica. Ma qualunque sia la matrice archetipica ed etica della cura, e le sue possibili divagazioni, la bellezza di questa parola sta tutta nella capacità della vulnerabilità dell’ospite di suscitare l’attitudine alla cura, come fosse una maternità. Una dieta gluten-free già di per sé stigmatizza una differenza, una vulnerabilità appunto, che non ha ragione di essere ulteriormente sottolineata. Ecco, la colazione del Principe cerca di garantire lo stesso diritto alla scelta e al gusto di chi non ha restrizioni, siano i clienti celiaci, intolleranti al lattosio o preferiscano culturalmente un regime alimentare non onnivoro.
Prodotti di qualità – I prodotti sono di altissima qualità. I salumi sono di Fracassi, tutti senza nitrati. Abbiamo una selezione di formaggi francesi, il pata negra al coltello, culatello e prosciutto cotto che costa come e più di un pesce pescato a mare, tre tipi di salmone (coda nera leggermente affumicato, nel welcome il balik, principe dei salmoni; nel sushi non abbiamo salmone norvegese sulla cui eticità di allevamento possiamo discutere ma un salmone scozzese). Si cerca l’eccellenza nel burro e nel cioccolato che è Valrhona. Il miele di spiaggia di San Rossore è un miele marino molto aromatico ricordando gli oli essenziali delle piante della macchia mediterranea da cui è prodotto: camuciolo, santolina delle spiagge, fiordaliso delle sabbie, verga d’oro delle sabbie, vedovino e i più diffusi tipi di cisto, che colonizzano gran parte delle dune costiere tra Marina di Torre del Lago, Marina di Vecchiano e San Rossore. Le verdure sono del nostro orto biodinamico o di produttori locali che utilizzano pratiche agricole che tutelano la terra e i raccolti. Il ‘km 0’ è un concetto in cui crediamo ma non lo applichiamo ciecamente: l’eccellenza è un concetto che si lega al territorio, a volte vicino a volte lontano dal Principe. E noi scegliamo l’eccellenza pur rispettando la sostenibilità degli approvvigionamenti.
Stagionalità dell’offerta e nobiltà della cucina povera – Le stagioni caratterizzano l’offerta della nostra cucina. Siamo quasi in autunno. Le castagne sono sovrane e in Toscana hanno una ragione storica essendo i boschi ricchi di eccellenze. Proporremo il neccio, una crespella di farina di castagne che può essere farcita con ricotta, miele e cioccolato ma che, nella sua semplicità, può essere un accompagnamento ai salumi. Gli ospiti riscoprono così una tradizione povera della cucina toscana che proponeva un uso intelligente, rispettoso e creativo degli ingredienti locali senza sprechi. Perché anche la cucina povera ha una sua nobiltà e un’educazione che le permette di sedere a fianco di preparazioni più aristocratiche senza sfigurare. È il caso di ‘Alici alla povera’ che, pur perdendo un rapporto di stagionalità mantengono viva la territorialità tutta labronica della ricetta e la popolanità della preparazione. Una ricetta multietnica che ha tratto definizione in quel melting pot culturale che caratterizzò Livorno grazie alle leggi livornine medicee che ripopolarono la città da ogni dove. ‘Le può trovare nel buffet centrale per un tocco di territorio vero’ mi suggerisce con garbo Lorenzo.
L’uomo che sussurra alle galline – Le uova sono della Gallus di Tavolara di Prato dove Simone Iannelli ha un pollaio multietnico che spazia dalle Livornesi alle Araucane, dalle Marans alle Olive Egger, dalla Moroseta alla Wyandotte. ‘Giochiamo sui colori dei gusci delle uova, e ce ne sono di bellissimi dall’azzurro al verde intenso, e sulla diversità di gusto e di consistenza’ mi fa notare Mancino. ‘Il segreto di queste uova sta tutto nella qualità dell’alimentazione ricca di semi, frutti e vegetali e nella serenità dell’esistenza delle galline che godono di grandi spazi e di ritmi naturali di vita. Ma Gallus è molto di più perché Iannelli alleva anche struzzi, oche e anatre e ‘possiamo utilizzare uova di varie specie per le nostre omelette. La tua di questa mattina è d’uova d’anatra. Classica, perché ruota attorno a uova, pane e Parmigiano’ chiosa Mancino. L’extra ordinario sono la composta di cipolle rosse di Tropea, il caviale, il tocco di tartufo e il Pecorino semi-stagionato. La preparazione è semplice. Sono gli abbinamenti a fare la differenza e a ricreare un piatto di mezzo, tra dolce e salato, la cui bontà esplode in un’armonia di gusto.
Dinamismo e azione – La crêpe Suzette preparata da Lorenzo richiede il bis. Ed è la preparazione al tavolo con la sobria teatralità dei gesti che ne inscenano la realizzazione un’attrazione mai banale. Una preparazione che arricchisce la colazione di contenuti che vanno al di là dell’esperienza multisensoriale e permette agli ospiti di connettersi a livello umano, emotivo e spirituale con l’identità e il carattere elegante ed estroverso del Grand Hotel. Vogliamo superare il concetto di un ospite spettatore passivo della nostra colazione, che subisce l’eleganza e l’opulenza del nostro buffet che può intimorire. Ogni ospite è un attore principale della nostra messa in scena che si trasforma in esperienza di vita in grado di coinvolgere emotivamente, intellettualmente e fisicamente l’ospite. E con Lorenzo si conversa amabilmente mentre si scoprono i gesti di una tradizione, quella della Crepe Suzette nata da un errore di Charpentier, alla corte monegasca di Escoffier, quando del liquore cadde maldestramente incendiandosi nella padella delle crepe sancendo la nascita di una dolce invenzione: graditissima a Edoardo VIII, Principe di Galles e futuro Re, quando gli fu servita malgrado l’errore, e, meno regalmente, graditissima a tutti noi.
Assistere alla preparazione di Lorenzo è a tutti gli effetti una master class di qualità grazie alla trasmissione personale di un sapere di cui si fa esperienza. E se l’oratore affascina con la parola e con la presenza con cui domina la scena la partecipazione del tavolo è attiva e si colgono i particolari che qualificano una preparazione frutto di una artigianalità quasi orafa rispetto ad un processo standardizzato. Si scopre così che l’accorgimento di qualità è mettere la crêpe distesa, così può assorbire bene la salsa. Poi la si piega con un mestiere tutto di polso, un gioco tra cucchiaio e forchetta a gestire la fine ripiegatura della crêpe quando ha opportunamente assorbito la salsa. Lorenzo usa un’arancia sanguigna che resta più amara ma nel contesto ricco di grassi e sapidità della colazione si stempera bene. L’aggiunta del Grand Marnier sviluppa una fiamma viva e consistente che sale con un’enfasi da operetta dalla padella. Lo zucchero aggiunto a fuoco vivo dà il giusto caramello. Due palline di gelato alla crema sono la coccola che Lorenzo ci impone per una versione ‘rinforzata’ della crêpe perché quella del mattino è comunque una versione light rispetto alla preparazione della sera. Nella classica serale ci vuole la vaniglia, le praline di pistacchio e dei frutti rossi. ‘Poi è una questione anche di praticità. La crêpe richiede il suo tempo. E con 180 colazioni ho in media 60 crepe da preparare ogni mattina e i tempi si allungano. Faccio tutto espresso. E la stazione mobile permette di prepararne al massimo quattro per volta’.