Non esiste innovazione senza disobbedienza

– di Gianluca Donadini

Disobbedienza in cucina: di esempi ne abbiamo molti. Dalla pizza al caffè di Iginio Massari al risotto alla barbabietola di Gualtiero Marchesi; dal rognone ai ricci di mare di Cracco alle colombe salate di Denis Dianin. Lippi ha il suo spaghettino disobbediente alla marinara di rose. Pompia, cavoli, crema di latte di bufala e liquirizia disobbediscono alla tradizione in “Che cavolo di pasta” di Aprea. Terry Giacomello disobbedisce all’ordine servendo ossa, pasta scotta che son tendini, esofago di gallina e limoni ammuffiti nel suo menu 2020 Vibrazioni. Non meno disobbediente è Gianfranco Vissani quando abbina la confettura di mango alla coratella. La carbonara di Niederkofler non è certo ubbidiente con farro, speck e formaggio di malga. Sovvertire gli schemi del bon ton gastronomico rompendo sfere di cioccolato lasciate cadere casualmente a disordinare un piatto è la disobbedienza di Paolo Griffa. Per Alessandro Gilmozzi si disobbedisce per amore e se con la tecnica c’è amore a prima vista, come nel caso dello chef di Cavalese, …. Che trionfino tecniche rivoluzionarie in cucina. Disobbediente è senza dubbio il binomio Karima Lopez e Kondo Takahito con “Non dire cassate”, una pasta fredda con pesto di pistacchio-basilico che ricorda in tutto e per tutto il famoso dolce siciliano ed è quindi servita su alzatine eleganti. Poco ubbidiente è Niko Romito quando parte da Roma per chiudere la trattoria del padre e decide di trasformarla ne Il Reale, ristorante 3 stelle Michelin, contro il volere della famiglia.

Le rivoluzioni originano dalla disobbedienza – Bottura, fine pensatore, sostiene che le rivoluzioni originino dalla disobbedienza, dal dubbio che ci sia una soluzione migliore alla tradizione, dal pensiero che ci porta a dire di no, fino al gesto di rottura disobbediente che esce creativamente dagli schemi sovvertendo leggi più o meno scritte. ‘’Disobbedire è la sinfonia dell’anima, che attraverso il dubbio e la ricerca, plasma idee audaci e nutre il sentire della creatività e dell’innovazione”. Sembra non esserci innovazione senza disobbedienza, senza ribellione allo status quo, ai luoghi comuni, al ‘così fan tutti’, al conformismo, ai vincoli di appartenenza. Si disobbedisce trasgredendo le regole, sovvertendo la consuetudine, stupendo e meravigliando con ingredienti insoliti, abbinamenti eccentrici e tecniche che un tempo mai si sarebbe pensato di applicare in cucina.

Disobbedire costa fatica – Viviamo in un’epoca dell’omologazione, in un mondo che ogni giorno di più assume un’unica forma di pensiero, in cui sentimenti e stili di vita sono dettati dai social che ci dicono cosa sia in e cosa sia out. Accettiamo passivamente. Abbiamo bisogno di influencer cui delegare in bianco la nostra libertà di decidere perché detestiamo assumerci il peso della responsabilità di essere artefici delle nostre vite per paura di sbagliare. Meglio un like a un pensiero precostituito della ricerca della verità adeguando il proprio comportamento, le proprie idee, il proprio aspetto e le proprie regole, il proprio linguaggio a quelle della maggioranza pur di ottenere approvazione e evitare l’esclusione sociale.  Abbiamo ancora la forza di dubitare in difesa della propria individualità e della libertà di espressione, evitando di accettare per comodità l’ordine precostituito? Siamo in un mondo che in nome del politically correct non tollera più differenze, impone un ristretto vocabolario smacchiando la ricchezza della nostra lingua con ipocrita dabbenaggine in ‘una inedita sopraffazione dei contenuti da parte della forma e dei significati da parte dei significanti’*1.  Siamo certi che non serva un atto di disobbedienza all’indifferenza, anticamera dell’incuria e di nuove forme di disprezzo*2, che ci costringe ad accettare un mondo che non tollera più i modi di pensare non omologati subito liquidati come inaccettabili?

*1 Friedman,  ‘Politicamente corretto. Il conformismo morale come regime’.

* 2 si legga in  Gabriele Civello ‘Politicamente corretto o nuova barbarie della riflessione?’ @  https://www.centrostudilivatino.it/politicamente-corretto-o-nuova-barbarie-della-riflessione/#_ftn3

Meglio un giorno da leoni che cento da pecora – Disobbedire a questa omologazione che limita la nostra libertà è un atto dovuto benché costi fatica. In fondo la disobbedienza in cucina è un atto anarchico, sovversivo concettualmente, ma gentile nei modi, potente nel linguaggio e nei contenuti di comunicazione pur non lanciando bombe molotov tra la folla. Una cucina innovativa deve farsi cura di non distruggere il passato. Lo deve valorizzare sbloccandone il potenziale inespresso. E si può innovare solo conoscendone le regole perché per riscrivere le regole si deve conoscere grammatica e sintassi dell’ordine che si vuole sovvertire, bisogna cioè conoscere molto bene cosa significhi essere conservatori per combattere il conservatorismo. Anche la più anarchica delle ribellioni fallirebbe in assenza di ordine, di regole, o di strutture organizzate. E una cucina innovativa di successo deve saper diffondere un nuovo ordine, libero e fondato sulle diversità individuali, laddove chi voglia rifare l’uomo e il mondo secondo un proprio progetto agisca in piena autonomia e responsabilità, rifiutando ogni forma di autoritarismo. Disobbedire per disobbedire è un atto vuoto. Bisogna ricercare e generare senso senza ricadere in forme di onanismo. Per generare valore.

Disobbedire per percorrere nuove rotte della conoscenza – Disobbedire in nome dell’innovazione è un motore di ricerca che ci porta ad esplorare nuovi orizzonti, a percorrere nuove rotte della conoscenza. Si tratta di un potente e virtuoso strumento di cambiamento che ci aiuta a ridefinire la comprensione del mondo quando la disobbedienza incarna la lotta per la verità, la giustizia, il progresso. La  disobbedienza non è un gesto di insubordinazione fine a se stesso ma un atto di libertà che ha spinto la cucina a riconsiderare le proprie leggi mettendosi in discussione, diventando un mezzo attraverso il quale il cuoco può promuovere un cambiamento etico e sociale garantendo evoluzione e progresso se saprà essere un artefice illuminato capace di usare  l’ingegno per esercitare la propria arte senza strafare, senza  cadere nell’eccesso della esagerazione, come Giordano Bruno, Rosa Parks e Galileo Galilei ci hanno insegnato nei rispettivi campi di competenza.

“Non è facile essere innovativi, per la creatività si rischia di strafare, di cadere nell’eccesso dell’esagerazione”

Avere dubbi – Avere dubbi è stato, ed è tuttora, uno dei motori dell’innovazione e dei cambiamenti della storia dell’uomo. Dubita la scienza per avanzare nella conoscenza quando pone nuove ipotesi che mettono alla prova le teorie esistenti. E dubita la filosofia quando vuole raggiungere una conoscenza più profonda e consapevole nella ricerca della verità.  Perché il dubbio è la base critica nei confronti di false certezze. E dubita la cucina quando mette in discussione le sue regole e le abitudini consolidate portando ad esplorare nuovi ingredienti e combinazioni e si perde oltre i limiti percepiti. Proprio gli chef che hanno saputo dubitare sono coloro che in cucina hanno saputo mettere in discussione le proprie conoscenze e le tecniche tradizionali di lavorazione spingendosi verso nuove sfide e il rinnovamento. Il dubbio è l’inizio della conoscenza diceva Cartesio.  Stimola la ricerca. Apre alla discussione. Spalanca porte mai aperte. Non si dubita per debolezza o mancanza di fiducia, ma per trovare certezze spinti da una ricerca costante di miglioramento.  Dubitare è un’opportunità che apre alla verità perché attraverso il dubbio si stimola la riflessione critica, si mettono in discussione certezze e si aprono prospettive portando a una comprensione più profonda e autentica della realtà.  Ma non esageriamo con lo scetticismo per non cadere in una paralisi decisionale.

Quando l’invenzione diventa tradizione: la cassata del Cavalier Gulì – Tradisce se stessa l’innovazione per essere diventata tradizione? Una disobbedienza che ha modificato un’ubbidienza collettiva generando a sua volta una nuova forma di ubbidienza? O è solo un modo grazie al quale la tradizione sopravvive rinnovandosi perché in fondo si alimenta di invenzioni condivise diventate nel tempo patrimonio dei più e quindi innovazioni? E così facendo un successo. La cassata inventata dal Cavaliere Gulì ci viene in aiuto.  Presentata ad un evento fieristico attorno al 1870 oggi è per tutti la classica cassata siciliana. Un dolce frutto di un’invenzione che reinterpretava la cassata tradizionale dell’epoca (una ‘spezie di torta fatta di ricotta raddolcita di zucchero con rinvolto di pasta’ così descritta nel 1785 da Michele Pasqualino) riconosciuta poi da tutti come un‘innovazione che nel tempo si è fatta tradizione. Perché la tradizione non deve mai dimenticarsi di essere stata innovazione e l’innovazione non deve avere paura di farsi tradizione. Perché tutto scorre, l’un nell’altro si trasforma.

Disobbedienza e accoglienza – E con l’accoglienza?  Ci sono hotel disubbidienti? E quali sono le forme di ribellione che attraverso l’innovazione generano una nuova forma di tradizione? Il settore alberghiero, come quello della ristorazione, ha bisogno di un forte rinnovamento per sfidare clienti sempre più esperienziali che amano il design in tutte le sue forme, ricercano elementi di socialità e strizzano l’occhio alle più variegate forme di cura che rendono unico l’ospite. Il Congresso di identità Golose di marzo 2024 ha cercato di dare risposte a questi interrogativi. Presenti protagonisti eccellenti del mondo dell’accoglienza che hanno condiviso la propria formula di disobbedienza. Vediamo nel dettaglio le forme di disobbedienza di Cristina Fogliatto, Direttrice Comunicazione e Branding Portrait Hotels; di Susy e Roberto Ceraudo, Azienda Agricola Ceraudo; di Andrea Piantanida, Cluster General Manager Milan Sircle Collection (ora allo Sheraton di Como); di Domenico De Simone, General Manager di Casa Angelina e di Biagio Spagnuolo, General Manager Sant’Angelo Luxury Resort.

Farsi ritratto della città – Cristina Fogliatto, Direttrice Comunicazione e Branding Portrait Hotels ci introduce al concetto di ospitalità di Lungarno Collection, la compagnia di gestione alberghiera delle strutture di proprietà della Famiglia Ferragamo. Ospitalità, arte, ristorazione, shopping, intrattenimento e benessere: sono queste le parole chiave che coniugano il sistema di accoglienza della Famiglia. Valori che nascono nell’esperienza retail dei Ferragamo e passano in modo fluido all’hotellerie dove trovano uno spazio eletto di affermazione grazie al forte desiderio di esaltare la qualità, la storia e i valori del territorio dove sorgono gli alberghi di proprietà. Ecco che il concetto di Portrait coniuga bene l’essere specchio, o meglio ritratto perché non sono un riflesso passivo, del territorio, il farsi genius loci in rappresentanza dell’essenza più vera della città ospite. Nel rispetto di questa visione apre nel 2006 il primo Portrait a Roma non distante da Piazza di Spagna cui fa seguito il Portrait Firenze sul Lungarno degli Acciaiuoli. Il nuovissimo Portrait Milano è di dicembre 2022 e ha sede nell’ex Seminario Arcivescovile di Porta Venezia. Portrait diventa sinonimo di un’accoglienza che instaura un rapporto personale così stretto con il cliente da ricreare un servizio di ispirazione sartoriale ‘tailor made’ che cada a pennello, cucita addosso come un guanto che doni al soggiorno il benessere e il comfort che solo la propria casa sa dare. A Milano, ad esempio, esprimiamo l’anima più meneghina della città attraverso l’ex Seminario Arcivescovile, capolavoro del Barocco lombardo, che apre ai Milanesi un loggiato con ampia piazza tra via Sant’Andrea e Corso Venezia dove ritrovare giardini, passaggi, spazi aperti e chiusi di benessere o gourmand, negozi, boutique e aree espositive. Un’offerta di ospitalità che richiama quella della tradizione delle grandi dimore Milanesi cui si associano dettagli dell’artigianalità toscana cari alla famiglia Ferragamo.  Si ricrea così un’oasi di pace nella vivace Milano, citta operosa per definizione dove dormire in 73 suite classiche con un certo twist, ritrovare un giardino interno segreto e inatteso e ampi porticati che estendono gli spazi comuni, una Longevity Spa che gioca sul piacevole equilibrio tra mente e corpo delle zone umide e delle palestre tecnologiche. La cucina è quella dei ricordi, di un riso saltato, dei mondeghili, della torta di mele. Una cucina che sa essere rituale ricreando quegli appuntamenti tanti cari alla socialità tutta italiana di uno spaghetto di mezzanotte aglio, olio e peperoncino, del bollito servito a cena i mercoledì e della cotoletta alla milanese con l’immancabile risotto allo zafferano il giovedì. Tra le varie opzioni, il 10_11 (ten eleven) aperto dal primo caffè della giornata fino all’ultimo cocktail dopo il tramonto è una struttura poliedrica che funziona come caffetteria e pasticceria, all day dining restaurant e cocktail bar. Ben rappresenta il trait d’union tra l’anima più elegante della milanesità di via Sant’Andrea e l’apertura veloce e ‘dritta al punto’ della operosità concreta del Milanese di Corso Venezia che porta senza perdere tempo al Centro. Calore e convivialità sono le chiavi di una proposta gastronomica che ricorda i pranzi domenicali e le giornate di festa dei convivi in famiglia o che porta alla riscoperta dei classici da bere che hanno segnato la storia di Milano. Per vivere Milano oltre ogni aspettativa.

Addormentarsi nei Sassi per ripopolare i Sassi – Per Biagio Spagnuolo, General Manager del Sant’Angelo Luxury Resort di Matera, l’accoglienza tutta materana del Resort ha disobbedito all’ordine politico di svuotare la città, ritenuta negli anni Cinquanta ‘la vergogna d’Italia’ per le scarse condizioni igieniche in cui versavano gli abitanti del centro storico, contribuendo così alla riqualificazione urbana e al ripopolamento dei Sassi. “E’ un tipo di accoglienza diverso da quello delle grandi strutture alberghiere che mi hanno preceduto in questo racconto.  Ci definiamo la Porta del Sud Italia per ovvie ragioni geografiche. La realizzazione del Sant’Angelo è il frutto di un intervento su scala urbana secondo una concezione contemporanea di valorizzazione dell’antico borgo materano, un’opera di restauro conservativo del paesaggio culturale della città che ha portato Matera ad essere considerata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Non siamo una semplice struttura alberghiera. Siamo in un dedalo di case, grotte, scalinate, cortili e vicoli che tracciano la corte di trentatré dimore distribuite in un’ampia area del centro storico. Abbiamo una torre in un edificio maestoso proprio ai piedi della rupe della Madonna dell’Idris e della chiesa di San Pietro Caveoso; dieci residenze storiche inaugurate nel 1999 immerse nei caratteristici vicoli dei Sassi; ventitré camere che godono di una vista mozzafiato su San Pietro Caveoso e il Parco della Murgia. Un centro benessere con spa, una lounge terrace, una sala meeting e un centro bio-gastronomico Che diventano il mezzo grazie al quale lusso, comfort e eco-benessere recuperano il passato. Con l’apertura della nostra prima struttura, La Casa di Lucio, nel 1998, non sapevamo bene cosa stessimo facendo e cosa avremmo fatto negli anni. Ai tempi non si parlava di alberghi diffusi e la nostra struttura, benché lo fosse, si presentava come un unicum nel panorama alberghiero. La filosofia de la Casa di Lucio poteva essere riassunta a quei tempi da concetti semplici ma tutt’altro che banali che ricordavano da vicino le parole di un pater familias che apre la sua dimora agli ospiti: ‘Ti accomodi a casa mia, in una delle grotte che ho attorno a me e vivi i Sassi con tutte le loro forme poliedriche di vita”. Un’esperienza senza tempo quella del Sant’Angelo Luxury Resort.  Nella magia primordiale dei Sassi si ritrova l’essenziale di ieri e l’esclusività di oggi che si integrano e si rafforzano.  “Ci si addormenta in grotte millenarie per svegliarsi in un sogno. Siamo in un’oasi di pace di naturale bellezza che concede una calma profonda”. E ci si aspetta bambini che rincorrono una palla, il profumo del pane appena sfornato, donne che chiacchierano sull’uscio in un percorso di socializzazione e solidarietà tra le famiglie appartenute allo stesso vicinato come a Matera si è fatto per decenni. ‘’Non si è voluto recuperare l’ambiente originale della casa grotta nella sua austera essenza primigenia ma farne rivivere il suo spirito. Per questo la cura dei dettagli è impreziosita da scelte architettoniche e di arredo di stile: i pavimenti in laterite assecondano le superfici irregolari delle case grotta; televisori e frigobar scompaiono in cavità naturali della roccia; letti, comodini e sedie emergono, naturalmente costruiti in tufo e laterite, fondendosi con i Sassi stessi. I punti luce sono diffusi e ordinati, fiochi quanto basta a ricordare che una grotta non deve avere una luce gridata per essere armoniosa e accogliente’’.

La vita scorre lenta senza per questo essere noiosa. Il Palombaro Lungo, la balena Giuliana, aprono ai segreti di una Matera sotterranea che conserva nella roccia la propria storia fatta di un quotidiano che ha lasciato più di un’impronta: laboratori di terracotta, chiese rupestri, villaggi neolitici cooking class sono i nodi della disobbedienza del Sant’Angelo in un tempo in cui si va di fretta incuranti dei particolari perché chi non è veloce sembra essere perduto e fuori dai giochi che contano.

La casa lontano da casa: living the city as a local. – È un marchio arrivato da poco in Italia quello di Max Brown Hotels, gruppo fondato nel 2014 da Sircle Collection, società con sede ad Amsterdam e con proprietà in Olanda, Germania e Austria.  “Ci contraddistingue un ottimo rapporto qualità-prezzo, una posizione in punti strategici della città, la cultura del buon dormire grazie a letti comodissimi per un segmento prevalentemente leasure e giovane” ci racconta Andrea Piantanida, Cluster General Manager Milan di Sircle Collection. “Siamo molto legati al recupero e al vintage e nella nostra struttura di Milano che fu l’Hotel Ascot, tra Missori e le Cinque Vie, non lontano dal Garage delle Nazioni, riprendiamo uno stile di arredo anni Settanta con note di colore molto vivaci.  Incarniamo uno spirito giocoso, che cerca di mantenere un certo fascino d’antan e una sua intimità. Non potevano quindi mancare nella nostra struttura un’area per giocare a basket al coperto, l’inserimento di un giradischi Crosley in ogni camera, telefoni vintage, bollitori colorati SMEG e spazi comuni pensati per favorire momenti di convivialità nella logica di un refrain che cita Basic at its best. Vogliamo che i nostri ospiti possano vivere la metropoli come se fossero dei Milanesi; Che Max Brown sia ‘la casa lontano da casa’ living the city as a local. La nostra disobbedienza è essere differenti dall’offerta convenzionale di Milano che è certo ricca ma che non ha quell’approccio dandy tipico di Max Brown. Abbiamo assunto i nostri ragazzi senza esperienza perché volevamo insegnare loro uno stile Max Brown per poter dare del tu ai nostri clienti nel modo più elegante possibile. Solo così possiamo far sentire l’ospite parte di noi, partendo dai messaggi di benvenuto, tutti personalizzati e fatti a mano secondo la creatività dello staff. Ed è la connessione con la comunità locale di Missori e di Cinque Vie che circondano il Max Brown a rendere speciale il soggiorno nei nostri Hotel. Da Sima Town House a Bar Quadronno, da Stadera at Crocetta alla Galleria Secci, al concept store The Cloister, chi soggiorna al Max Brown può esplorare un concentrato di gallerie, botteghe artigiane e di antiquariato, atelier e studi artistici, ma anche di negozi dedicati all’abbigliamento e al design più contemporaneo, tutti caratterizzati da una profonda vocazione alla ricerca”.

La natura vissuta secondo “antiqui ac boni mores” – Chi arriva in contrada Dattilo nel comune di Strongoli deve amare la tranquillità e il dolce far niente. ‘Siamo lontani dai ritmi frenetici della città, in un agriturismo dove è possibile un ritorno ai valori più autentici della vita dei campi e ai sapori più antichi’. Il soggiorno è di charme, immersi tra ulivi secolari, pini marittimi, alberi di limoni e melograni. Due sono gli appartamenti in una costruzione rurale in pietra, e quattro le raffinate camere, intime ed essenziali, per ritrovare l’armonia perduta. Il contatto con una natura semplice e quotidiana, e per questo vera, accompagnano Tenuta Ceraudo secondo una filosofia che incarna il senso virgiliano della natura vissuta secondo “antiqui ac boni mores” ravvivato da esperienze immersiva uniche. Una Tractor trip tra gli ulivi e i vigneti di questo piccolo angolo di paradiso con Giraudo padre non può mancare.  Come non può mancare la cesta per il pic-nic da consumare in rifugi cari alla Proprietà: al mare, in collina o in montagna o semplicemente nella ‘nostra campagna’ dove si produce un olio tra i migliori di Calabria e nove qualità di vino. Ma Dattilo è anche il ristorante stellato di famiglia alla cui guida troviamo Caterina, chef donna dell’anno 2017 per la guida Michelin, una cucina senza sprechi, etica e sostenibile, lontana dall’ omologazione dei gusti imposta dalle mode che hanno condizionato le scelte di tanti cuochi nel mondo. È qui che siamo nati, è qui che abbiamo scelto di restare. Con un sentimento di gratitudine nei confronti di questa terra incredibilmente ricca che cerchiamo di raccontare attraverso i nostri piatti, che nascono grazie all’ispirazione di un posto come Dattilo, dal fascino senza tempo. E in tempi moderni sicuramente disobbediente è colui che è felice se fa la felicità degli altri.

 

Guardare oltre i limiti per trovare la perfezione – Siamo a Praiano, tra le mete meno chiassose della Costiera Amalfitana, borgo di pescatori, antico ritiro estivo dei Dogi di Amalfi. Arroccata a Monte Tre Pizzi, Casa Angelina, prestigiosa residenza   di The Leading Hotels of the World, offre un’ospitalità all’insegna del lusso discreto in un panorama ricco di hotel opulenti che rendono famosa la Costiera. Grazie al suo moderno disegno, Casa Angelina si accomoda tra le case di Praiano senza clamori lasciando che la bellezza della costa e del Mediterraneo risplendano di quella luce viva e vera di cui è capace. 36 camere, la scelta cromatica del bianco come soluzione decorativa per lasciare spazio al blu del mare, alle tonalità verdi della macchia mediterranea, e al giallo dei limoni, Casa Angelina accoglie collezioni di manufatti coloratissimi di Alfedro Sosabravo, Patricia Valencia Castrens e Tim Cotterill, ironici e a tratti irriverenti. Una lunga discesa verso il mare tipica della Costiera, di quei paesi rubati dall’ingegno dell’uomo alla montagna, ben rappresenta la sospensione di Casa Angelina, una finestra aperta sugli orizzonti del Mediterraneo, sublimata dal concept del Ristorante “Un Piano nel Cielo”, una stella Michelin. Siamo in un contesto dove la moderna geometria delle architetture deve fare i conti con la verticalità della montagna e i giardini aprono terrazze timidamente in un incastro di piani studiati da un esperto modellista. I Monti Lattari sono sovrani e l’uomo di mare ha imparato a convivere con un territorio difficile da colonizzare cucendo le proprie abitazioni alla montagna come una ricamatrice di precisione. “Siamo parte di questo tessuto, una presenza discreta. L’accoglienza per noi è un’arte che assume le forme di un sussurro bisbigliato in un contesto di sobria eleganza”, ci racconta Domenico De Simone, General Manager della struttura. La cura dell’ospite non è mai gridata, i gesti sono discreti, gli sguardi attenti. Sono, queste, le amenities che qualificano un servizio tanto educato quanto naturale.

I concierge di Casa Angelina sono veri e propri assistenti personali che organizzano gite in barca a Capri o in qualunque altro luogo della Costiera Amalfitana con il ghiozzo di proprietà, immersioni, trekking, serate nei club della zona, escursioni culturali. In un rifugio dove il tempo ha la dimensione dell’otium si può ritornare in sintonia col proprio corpo grazie a lezioni di pilates del mattino, di yoga al tramonto, di body balance e aquagym. Il giardino è un luogo di meditazione, incontro, conoscenza. La piscina è un’oasi di relax all’ombra di un pergolato di limoni.

“A Casa Angelina c’è rispetto, riguardo, una deferenza affettuosa per l’ospite” continua De Simone. Un lusso dove emergono i particolari; efficientamento energetico, risparmio idrico, linea di cortesia ecologica, orto biologico con sfumature biodinamiche, compostaggio per il riuso degli scarti della cucina, riutilizzo di asciugamani e biancheria da letto, mobilità sostenibile, una cucina ‘farm and sea to table’. Il territorio conta. Così contano lo zucchino San Pasquale, il pomodoro di Sorrento, il limone Costa d’Amalfi, la melanzana di Eboli, tra gli ingredienti principe della cucina. E i legami di territorio superano le distanze con i caffe di Sequella e i tè e le tisane di Damman Frères che promuovono le produzioni etiche e il commercio equo e solidale.  “Guardiamo oltre i limiti per trovare la perfezione” Perché a Casa Angelina valgono le parole di Battiato, anche parafrasate: ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza perché ogni ospite è un essere speciale e Casa Angelina avrà cura di te.

Identità Golose 2025 – Gianluca Borgna, direttore del Grand Hotel Alassio, ora membro di The Leading Hotels of the World, sintetizza a Identità Golose 2025 il senso della disobbedienza alberghiera. Lo fa citando il pensiero di Justin Welsh, indicando nel lusso moderno la capacità di pensare lucidamente, dormire profondamente, muoversi lentamente, vivere tranquillamente in un mondo progettato per prevenire queste libertà. Perché vivere secondo questi principi in un mondo che ci spinge oltre i limiti è sicuramente l’atto più liberatorio e disobbediente di tutti. In fondo il concetto di lusso gentile teorizzato da Welsh e ripreso da Borgna rimette al centro l’uomo e le relazioni umane superando l’esclusività del lusso misurata in beni tangibili di consumo grazie al valore di poter disporre del tempo e di vivere la bellezza, la serenità e la quiete che qualificano le nostre vite attraverso corde molto umane dell’accoglienza quali l”empatia, l’ascolto e la cura. Una disobbedienza non violenta che ricorda quella di Gandhi, basata sull’amore e sulla verità e che pone nelle sue declinazioni al centro l’uomo è la sua umanità. Un ritorno all’uomo e al senso ancestrale di sopravvivenza lontana dai ritmi ossessivi cui ci costringono i social, il business e l’egocentrismo dell’apparenza cui ci educano molti influencer esperti di hotellerie e gastronomia che esibiscono come buono e giusto per le nostre vite la schizofrenia cocainomane del presenzialismo ora è sempre. Concetti sui quali non mi ritrovo e non commento, la vita è bella e ognuno di noi dovrebbero essere libero di viverla secondo i propri boni mores fintanto che si rispetta l’altro. Un passo indietro il mio e un porsi di lato rispetto all’esser connessi h24, salvifico e rigeneratore, che è tutt’altro che una sconfitta, e, a modo mio, una forma di disobbedienza.