Accomodarsi nel tempo di un borgo medievale
– di Gianluca Donadini
Neri è un ragazzo solare. Facile volergli bene perché ti accoglie a braccia aperte al Castello di Gargonza di proprietà della famiglia paterna, i Guicciardini Corsi Salviati, da quattro secoli. Con sua moglie Elisa gestisce questo borgo castellano trasformato in residenza d’epoca situato sui colli della Val di Chiana in Provincia di Arezzo “a 4 miglia toscane a maestro di Monte San Savino”. Dominato dall’alto maschio, la struttura accoglie una villa padronale, la chiesa dei SS. Tiburzio e Susanna, la cappella dei Laici e vari annessi che si alternano a 22 unità abitative rurali con travi in legno a vista e pareti in pietra viva trasformate in 47 camere, di tipologia junior suite, romantic suite e family suite. Due camere, di cui una suite, godono il privilegio di essere nella Torre, per un centinaio di posti letto in totale. Il borgo offre un trattamento di bed & breakfast oppure di self catering negli appartamenti. Il servizio di prima colazione è a buffet nel Salone del Frantoio “di sotto” o nel giardino interno nei mesi estivi. È possibile usufruire del ristorante la Torre di Gargonza situato fuori le mura nella struttura che accoglieva la rimessa per i macchinari agricoli e la falegnameria, aperto sia a pranzo che a cena, e mangiare à la carte. La Pergola offre in estate light lunch e un servizio bar agli ospiti che accedono alla piscina che si affaccia sulla Val di Chiana. Un salotto con camino, comune a tutti gli ospiti, è situato nella sala del Frantoio “di sopra” con un bell’affaccio sulla limonaia e i suoi giardini. Qui ci si rilassa leggendo, accendendo il fuoco di un grande camino, bighellonando oziosamente tra i cocci che esplodono di rose, dalie e pelargoni nella bella stagione. Si organizzano matrimoni, eventi culturali e meeting aziendali sfruttando la sala convegni del Frantoio di sopra o la chiesa di SS. Tiburzio e Susanna. Gargonza è location per team building aziendali grazie ai 500 ettari di bosco ideali per una passeggiata a piedi, a cavallo o una sgambata in mountain bike. Gli independent travellers possono godere di ampia tranquillità sia outdoor che indoor quando il Castello ospita eventi. Il chiacchiericcio delle feste altrui non disturba più di quanto non lo possa fare la vita di un borgo che torna a fiorire dopo i fasti agricoli di una vita passata. Con Neri parliamo della storia del borgo e condividiamo piaceri e difficoltà di gestione di una struttura articolata e complessa come quella del Castello di Gargonza.
Non ricordo quante volte ho raggiunto Monte San Savino scendendo dal colle delle Vertighe. Lo conosco bene Monte, sia nella luce forte di mezzogiorno sia nelle prime luci che anticipano la sera, con le torri e i campanili illuminati a giorno nella notte. Ha un fascino tutto rinascimentale racchiuso nelle mura castellane, con il Cassero, il Palazzo Pretorio, Le Logge, Palazzo di Monte e il Cisternone per la raccolta dell’acqua, testimoni di un passato illustre, di ricchezza e di potere. Le case escono allo scoperto a poco a poco quando la notte precipita addosso a questo paese che s’apre in un arco di tetti, stretti andirivieni, ordinati cipressi, nel chiasso di un volo di rondoni che tornano e ritornano annodando di passo in passo il cielo. Sembra già di esserci a Gargonza una volta al Monte. Eppure di chilometri ne mancano. E i fari illuminano le ulivete che si fan boschi lungo la statale 73 per Siena. Lucignano con il suo profilo bello è all’orizzonte, e le curve, ora ampie ora strette, salgono a Gargonza che domina la Valle della Chiana nei suoi 500 ettari di bosco che avvolgono il borgo. Ci sono arrivato per caso un anno di vacanze incerte. Cercai a lungo un luogo dove riposarmi. Poi aprii una guida del Touring e la sorte volle che caddi sulla pagina del Castello di Gargonza. Ci andai e me ne innamorai dopo una prima notte in cui, unico ospite, imparai ad amare un borgo che ha il fascino della bellezza imperfetta della vita. In un articolo apparso su Il Giornale, Federico Orlando scrive di Gargonza che “le sue case si attorcigliano come le spirali di una conchiglia e si concludono nella torre”. Il borgo di Gargonza affascina proprio per questa costruzione perché modella un mondo interiore protetto dalle alte mura. Bisogna sapere come entrare e da dove uscire, come sgusciare fuori da una tana accogliente per prendere respiro verso Siena con le sue Crete, la Val di Chiana e l’Aretino. A Gargonza ci si accomoda nel tempo, quello di un’estate toscana, quotidiana e vera, mutata e immutabile in un vento “appoioso” che sale dai boschi con parole scarne, quasi austere, dando voce ai cipressi e ai pini gentili, parlando di terre arse, di un sole che sa essere tiranno, capace di piagare i coltivi, ricordando di carbonaie e tabacco, vigne perdute, olivete, armenti e tratturi. Un vento che agita i corbezzoli in fremiti metallici, scompiglia l’erica che si muove come l’acqua che gorgoglia in una forra tra i sassi al canto di cicala che si fa paesaggio e riprende ogni volta il vento interrompa facendosi silenzio e poi canto e poi ritornando silenzio e ancora canto. E la leggerezza di questo borgo sta tutto nella rosa che piega al vento in un calmo ondeggiar di foglia mentre Monte [San Savino] nel suo arco di case ascolta da lontano il tempo che girovaga vizioso nel vento. Ritrovai una delle descrizioni più sincere del borgo leggendo le Cronache di Vita della Scuola Rurale di Gargonza. Una volta le maestre sapevano scrivere con esattezza e geometrica precisione. E Pierina Caporali Savini, onore a lei, aveva una mano educata alla scrittura. “Per chi lo vede da lontano il Borgo è un’apparizione situato com’è nell’altura di una collinetta cinta da antiche mura con i pochi casolari raggruppati attorno ad una torre che li sovrasta. Ovunque si volga lo sguardo s’incontrano cose che furono fatte in altri tempi, in epoche tanto remote, e sembra quasi che vi aleggi lo spirito di Dante”. In fondo Dante passò dal borgo come ci raccontano le cronache di Leonardo Bruni Della Vita e Gargonza rimane un feudo a un chilometro dalla statale, un mondo “chiuso e privato affacciato sul via vai discreto di rari autobus e poche auto che muovono in un quotidiano sfrecciar di rondini”, come scrisse il Magi sulle pagine de La Nazione, “verso Palazzuolo, Colonna del Grillo e Castelnuovo Berardenga”.
INTERVISTA
Come ci si sente ad essere il proprietario di un castello? – [Sorride…]. La famiglia Guicciardini Corsi Salviati è la storica proprietaria del castello di Gargonza dal lontano 1696. Alla morte del Marchese Bardo Corsi Salviati, tutti i beni passarono al Conte Giulio Guicciardini, che aggiunse il suo cognome a quello della famiglia originaria. Poi toccò a mio padre Roberto e a mamma Maria Teresa dedicarsi al castello. Gargonza è diventata così una delle prime strutture ricettive in Toscana nate dal recupero architettonico di beni storici che avevano perso la loro funzione economica. Ancora oggi il Castello di Gargonza è di proprietà della mia famiglia. Io e mia moglie Elisa ci occupiamo dell’accoglienza dei nostri ospiti, portiamo avanti le attività del borgo e seguiamo da vicino i lavori di conservazione e di mantenimento, con l’obiettivo di preservare l’anima e l’aspetto tardo medievale di Gargonza.
In breve la storia del Castello qual è? – Sembra che il castello di Gargonza sia stato costruito come struttura difensiva intorno all’XI secolo. Le prime notizie risalgono esattamente al 1150 quando si parla di un castello fortificato sulla strada tra Arezzo e Siena. Di proprietà degli Ubertini, nel 1285 è conquistato dagli Aretini per poi essere venduto ai Senesi per 4000 fiorini. Passa definitivamente ai Fiorentini nel 1307 perdendo la sua indipendenza. Nel 1433 il borgo viene raso al suolo per placare una rivolta dei Gargonzini: rimasero la torre, la porta d’ingresso e la Pieve di SS. Tiburzio e Susanna. Nel corso degli anni Gargonza si trasforma in un borgo dove ci si dedica prevalentemente alla lavorazione della lana e alla cura dei boschi circostanti.
In epoca più recente? – Nel Seicento il castello viene ampliato passando alla Famiglia dei Marchesi Lotteringhi della Stufa e successivamente alla famiglia dei Marchesi Corsi, miei antenati. I terreni circostanti, ben 900 ettari, vennero organizzati a mezzadria. Nel XVIII Secolo nasce una fattoria organizzata che ha come centro il borgo con la torre trecentesca. Diciotto erano i poderi della collina e dodici quelli del piano che costituivano una rete di afferenze agricole che ruotavano attorno alla figura del proprietario, del fattore e delle famiglie mezzadrili, dei piccoli proprietari e dei camporaioli. La fattoria era organizzata come uno Stato. Con la Chiesa e la Scuola Rurale aperta nel 1926 si è resa Gargonza una comunità basata sull’economia, sull’educazione e sulla spiritualità religiosa.
La vocazione agricola di Gargonza durò fino agli inizi del Novecento. – Lo spopolamento è stato progressivo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il fenomeno sì è accentuato. I terreni vitati e olivati sono stati convertiti a conifera. 250 ettari furono seminati a pino marittimo e pino gentile nella speranza di vendere legname alle miniere della zona. La coltura del tabacco fu l’ultimo deterrente all’esodo delle famiglie coloniche. Furono costruiti essiccatoi vicino ai poderi. Molti coloni calati dal colle ebbero una nuova rendita. Ma non bastò.
I poderi del poggio hanno sempre sofferto… – … E a causa dello scarso reddito non soddisfacevano le esigenze primarie delle famiglie. La collina era povera e i mezzadri scendevano al piano perché era più ricco. Qui l’acqua dell’Esse permetteva di irrigare le colture. Si allevava la chianina e la stalla rendeva. Particolare attenzione veniva data all’allevamento dei suini per i quali era fondamentale che i poderi avessero dei boschi per la ghianda. Altrimenti si coltivavano i rapi che servivano, nella foglia e nel tubero opportunamente trinciato, come mangimi e foraggi.
Dopo 300 anni di florida vita agricola della comunità, Gargonza venne abbandonata dai suoi abitanti. – Dopo la Seconda Guerra Mondiale Gargonza non ebbe più una vocazione agricola. Molte famiglie si trasferirono in altri comuni della Toscana. Altre emigrarono in America. La scuola rurale chiuse nel 1968 per mancanza di bambini.
Cambiò quindi destinazione d’uso, una conversione necessaria per la sopravvivenza. – Tra il 1964 e il 1978 mio padre era a Parigi. In quel periodo nacque l’idea di intervenire per preservare le abitazioni del borgo, alcune delle quali versavano in un pessimo stato di conservazione ed erano soggette a continui crolli.
Il Borgo riprese vita grazie al turismo. – Si. Anche se inizialmente vennero valutati diversi progetti. Mio padre pensò di farne una multiproprietà per famiglie benestanti provenienti da tutta l’Europa oppure un centro universitario per discipline umanistiche. Si trattava di progetti importanti che avrebbero richiesto lunghi tempi di realizzazione, e, data l’urgenza di mettere in sicurezza il borgo per salvarne le volumetrie, vennero presto abbandonati. Alla fine mio padre iniziò l’opera di recupero trasformando il Borgo in una struttura di accoglienza turistica pur di non vederlo morire. Il restauro privilegiava la conservazione delle strutture lasciando intatto quel valore aggiunto di genuinità custodito dalle case. La prima fase di restauro si concluse nel 1979 e a partire dal 1986 vennero rese disponibili le prime camere della “Foresteria” situate all’ingresso del borgo lungo la cinta muraria. Nacque così uno dei primi Bed & Breakfast in Toscana.
L’accoglienza turistica inizia cinquanta anni fa… – Esattamente nel 1972. Con un’inserzione sul Sunday Times vennero proposte le prime Case restaurate per affitti per lo più settimanali. Già dagli anni Settanta, con il restauro dell’antico Frantoio, la vocazione culturale di Gargonza si manifestò con corsi di perfezionamento musicale e teatrale. Oggi, oltre a concerti ed eventi, la sala del Frantoio è usata per riunioni e attività di team building.
Un’impresa comunque difficile – Alle difficoltà architettoniche del restauro per mettere in sicurezza il Borgo si aggiunse il desiderio di mio padre di conservare fedelmente l’originale struttura dell’abitato perché ogni casa potesse testimoniare la vita delle famiglie che le avevano abitate. In corso d’opera si riaprirono vecchie porte e finestre, si ridiede luce a vecchi archi, si abbatterono i soprammattoni, si rifecero le fognature, si estese l’acquedotto, si adeguarono gli impianti elettrici. Paline della luce, cavi della corrente e antenne vennero rimosse un po’ ovunque.
I lavori riportarono in vita un ricco tessuto umano e sociale – Le mura del borgo conservano una memoria preziosa e non è un caso che gli appartamenti e le camere portino il nome di chi vi abitava: Argentina, Celso, Boccio, Niccolina, Il Palle, e, con loro, tanti altri meravigliosi personaggi.
Tuo padre una volta disse “Gargonza non è stata, non è e non sarà un insieme di mura, calce, pietre seppur abbellita da fiori” – Perché mio padre credeva, come noi crediamo, che il Borgo possa garantirsi un futuro solo preservandone la storia e la storia di un borgo è fatta dalle persone che lo hanno abitato, soprattutto.
La casa del guardiacaccia [Celso], della sarta [Niccolina] – David Lees, celebre fotografo di Life Magazine, ha colto i volti di molti abitanti e con i volti riassunto l’ontogenesi di Gargonza. David aveva una comprensione dell’essere umano che la lente della sua macchina fotografica coglieva ad ogni scatto. Non possiamo che ringraziare Julia Hedgecoe che ci offrì la cortesia di portarlo da Firenze in visita al Castello.
Abitare da Niccolina ha un suo fascino. Uno degli alloggi che più mi piace. Se Lees ha colto i volti, le case sono l’anima più intima dei suoi abitanti. – Le abitazioni rispecchiano la genuinità della gente. Gli appartamenti hanno l’impronta della vita contadina che i prudenti restauri hanno custodito: scale di legno ripide, camere scavate nella pietra, caminetti e piccole finestre affacciate sul bosco. Tutto ciò fa parte della nostra storia. Il restauro ne ha conservato la struttura e l’atmosfera e li ha arricchiti con i comfort immancabili dei moderni appartamenti per vacanze facendo sì che Gargonza continuasse a vivere nel rispetto delle esigenze di uomini nuovi: i turisti.
Un Borgo, un castello o semplicemente Gargonza? – Un borgo castellano per la precisione. Gargonza non è soltanto un castello in Toscana ma un intero borgo medievale. Intorno alla torre si sviluppano vicoli lastricati in pietra lungo i quali troviamo le case contadine trasformate in camere e appartamenti. A protezione del borgo troviamo ancora le mura originarie. Gargonza è dunque un castello della Toscana perfettamente conservato, un borgo affascinante e una struttura ricettiva di qualità.
In termini di accoglienza definiresti Gargonza come una residenza storica? – Una definizione “alberghiera” o “extra alberghiera” è difficile per una proprietà come Gargonza. Non siamo un albergo diffuso in quanto, per esserlo, bisognerebbe che il tessuto sociale di abitanti stanziali ci fosse ancora. Un resort potrebbe invece essere un termine legato ad un investitore che individua un bene e lo trasforma per un fine ricettivo. La definizione forse più congeniale è quella storica di borgo castellano che riassume l’epoca agricola che Gargonza ha vissuto dal 1700 fino alla Seconda Guerra Mondiale oltre a quella di feudo di origine medioevale. Resta da definire la sua terza vita, quella turistico ricettiva. Gargonza tecnicamente è una residenza d’epoca che ha ottenuto il rilascio della Corona d’Argento.
Qual è il target di riferimento della proposta di accoglienza di Gargonza? – Credo che Gargonza sia un luogo che debba essere vissuto da chi ama un turismo emozionale perché lo spazio del borgo si fa vettore di significati tangibili per la capacità di comunicazione che assumono certi luoghi di narrare storie, di rievocare tradizioni, di creare memorie e di definire identità. E che quindi si rivolga ad un pubblico che ricerca l’autenticità e subisca il fascino del racconto di una storia secolare “che la fa abitare nel tempo”. Accanto a questa esigenza soggettiva del cliente c’è poi quella aggregativa per gruppi di lavoro, per il pubblico di eventi culturali, per gli invitati ai matrimoni e per i retreat aziendali.
Un turismo emozionale che è interconnesso a doppio filo con altre modalità di turismo e cioè quello motivazionale e quello esperienziale. – In fondo sì. Alloggiando al borgo si possono sperimentare nuove situazioni che difficilmente è possibile vivere nella routine della vita quotidiana e penso ad esempio alle Master Class di cucina toscana o alla riscoperta di usi e costumi tipici di località ai margini del borgo. C’è la possibilità di praticare mountain‐bike e birdwatching ma anche scegliere tour tematici o enogastronomici con acquisti diretti dal produttore.
Scegliere quale tipo di turista portare nel borgo è strategico, ancora prima di farne la promozione. Che tipo di clientela avete? – Il 55% degli ospiti sono a Gargonza per celebrare un matrimonio. I matrimoni giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento del borgo. Seguono poi gruppi di viaggiatori internazionali che arrivano a Gargonza grazie a agenzie specializzate capaci di promuovere l’immenso patrimonio artistico della Toscana e di fare leva sull’amore per la musica, il canto, il ballo, la fotografia, il teatro, la ceramica di una clientela che ha l’esigenza di trovare un posto per stare insieme attratta dalla bellezza dell’arte in tutte le sue forme. Ci sono aziende straniere che cercano un luogo per “fare squadra” e attività di team building. Seguono poi gli independent travellers che sono tuttavia in parte fagocitati da una destinazione più per gruppi.
Esigenze e aspettative di una clientela italiana, di una clientela europea o di una clientela extra-europea: come variano e quali sono? – La nostra clientela si suddivide in primo luogo per la motivazione per la quale è da noi più che per l’origine geografica: un’azienda che vuole migliorare il coinvolgimento e la motivazione del team allineandolo alla strategia generale della corporate; la celebrazione di un matrimonio; independent travellers o piccoli gruppi che organizzano viaggi in autonomia per motivi culturali, per vivere nuove esperienze, per ricercare il proprio benessere psico-fisico, per esplorare la natura o semplicemente per staccare la spina dalla quotidianità ricercando relax, riposo e tranquillità. La prima esigenza per questo tipo di clientela è la conferma delle propria aspettative una volta al borgo. Con la diffusione di internet e dei social network tutti sanno, o pensano di sapere, tutto del borgo prima ancora di esserci stati. Dobbiamo quindi essere bravi nel prevedere le aspettative dei visitatori e anticiparle. Per farlo dobbiamo vendere bene “a monte” il borgo creando una comunicazione che sia il più vera possibile e possa rendere il soggiorno coerente con le attese degli ospiti. Essere sinceri con la nostra offerta aiuta. Cerchiamo quindi di rappresentarci il più possibile per quello che siamo, con autenticità. Non cechiamo patine speciali nelle foto. Molti ospiti ci dicono: “il sito non rende merito alla bellezza del posto” e questo alla fine è positivo, tutto sommato, perché non creiamo aspettative superiori alla bellezza del Borgo. Poi sicuramente la nazionalità degli ospiti comporta delle sfumature. Il pubblico Nord Americano per esempio ha da sempre una grande attrazione culturale per il nostro paese; ama la storia; cerca il vivere italiano, il cibo, il made in Italy; vuole riscoprire le proprie radici che affondano in Italia e nel vecchio continente. Il pubblico italiano è più esigente in quanto più abituato a questa offerta. Si avvicina anche il pubblico dell’Estremo Oriente che rimane però legato ad un turismo di affari e non è quasi mai individuale.
Più clienti abituali o occasionali? – Abbiamo diversi ospiti che vengono ogni anno, molti altri che legano Gargonza ad un loro ricordo e nel tempo ritornano per rivivere un matrimonio, una vacanza in famiglia, momenti di condivisione familiare che si sigillano nella memoria a cui noi diamo semplicemente l’occasione di riportarli alla luce.
Il soggiorno medio a Gargonza qual è? – La permanenza media è di quasi tre notti. Non ci sono differenze tra chi soggiorna da noi in estate o in inverno. Forse la parte centrale dell’estate è più legata ad una vacanza in famiglia.
Quali sono i tuoi competitor sul territorio, se ne hai, e quali i tuoi plus e i tuoi minus rispetto a loro? – I resort vicini a noi lo sono per l’offerta di lusso delle loro strutture. Questo permette loro un buon margine di guadagno ma implica costi molto alti di gestione, decisamente più alti dei nostri. Noi non siamo ancora al livello di un’offerta con servizi da grande albergo. Il lusso a Gargonza sta tutto nell’autenticità dell’esperienza.
Come promuovi Gargonza? – Il passaparola corrisponde al 60% del nostro ritorno e questo ti dice quanto Gargonza sia in grado di affascinare i nostri ospiti. Il resto è attività sui motori di ricerca, S.E.O. (ndr: l’arte del posizionamento nei motori di ricerca), social network e carta stampata di nicchia. Anche sulla parte social dobbiamo rispettare una promozione “a coda lunga” attraendo quindi una nicchia di mercato, seguendo i così detti “nano followers”.
Gargonza è sempre stato un sinonimo di cultura. Molti sono stati gli eventi organizzati al borgo che hanno caratterizzato la vita del Castello a partire da semplici attività come “la notte delle stelle”, dalle giornate dedicate alla musica, dalle serate celebrative di Dante. L’organizzazione di eventi culturali che importanza ha avuto per il borgo e che futuro ha? – Mio padre è stato un vero precursore nell’intercettare un pubblico di altissima cultura per far scoprire Gargonza e renderla destinazione per i loro obiettivi. Andava alla ricerca di “gruppi sociali” per offrire Gargonza come loro destinazione. L’offerta di destinazione culturale si è moltiplicata nel tempo ed oggi ci sono tantissimi luoghi che ricevono un pubblico di nicchia come scrittori, pittori, musicisti, operatori nel settore del peace keeping e della mediazione culturale (penso alla Rondine Cittadella della Pace). C’è molta attenzione anche alla parte di cura del corpo delle persone e quindi Gargonza rientra tra i luoghi come “isole” dove ricrearsi nella quiete di un borgo e dei suoi boschi.
Ricordo eventi di richiamo nazionale e penso a Fosco Maraini oppure alla convention dei democratici di sinistra che hanno fatto storia. Avete ospitato scuole di musica e Università americane… – I convegni di sinologia di Fosco Maraini, antropologo, orientalista e scrittore fiorentino, sono stati organizzati già negli anni ’80 e mi ricordo che si portavano su le valigie con il trattore e un grande rimorchio mentre i partecipanti giapponesi ci guardavano esterrefatti. Il trattore è passato da arare i campi in collina a portare valigie! Penso anche ai convegni di ecografia internistica organizzati da Magnolfi e Caremani, primari dell’ospedale di Arezzo. Iniziarono nel 1988 e sono durati 27 anni. I corsi di musica di Sándor Végh, i concerti del pianista Oswald Russell e della violinista Chiara Banchini sono stati unici come d’estate i concerti della Fondazione Musicale Accademica Chigiana di Siena. La musica ha sempre occupato un posto di primo piano nella vita della mia famiglia. L’esperienza politica dell’Ulivo nacque in un ambiente universitario grazie al professor Calabrese, semiologo dell’Università di Siena, non lontano da qui. Il mercato è cambiato ma Gargonza ci “comanda” e come per magia attrae sempre un pubblico interessante e particolare.
Il ritiro dell’Ulivo a Gargonza divenne un evento mediatico proprio per l’inaccessibilità del Borgo alla stampa. – Prodi convocò nel marzo del 1997 buona parte del suo governo e un gruppo scelto di parlamentari e studiosi a Gargonza. C’erano Eco, Maurizio Costanzo, don Mazzi, Veltroni, D’Alema, Paolo Flores d’Arcais, Cesare Salvi, Rosy Bindi, Sergio Mattarella. Venne anche il Gabibbo. Si parlava del futuro dell’Ulivo nella clausura imposta dal Borgo. Carta stampata e televisioni non ebbero accesso e rimasero arroccate alle strade che portavano al Castello. Da allora Gargonza divenne sinonimo di ritiro spiritual-politico e più volte, anche sul fronte opposto, si è parlato dell’opportunità di organizzare una «Gargonza di destra».
Nel 2021 a Gargonza ho osservato pianeti affacciato sulla Val di Chiana per i “Weekend Sotto Le Stelle” organizzati in collaborazione con La Rete del Turismo Astronomico. Emozionante davvero perché la notte al Borgo meraviglia e il cielo stupisce. Hai un ricordo a te caro? – “Il grande notturno a Gargonza” di Lombardi, con concerti di pianoforte in piazza, laser proiettati dalla torre, altoparlanti e diapositive che utilizzavano le case del borgo come immensi teli fu vera avanguardia. Poi “ON AIR” con cavi legati tra le case di Gargonza ed un trasmettitore da mettere all’orecchio e camminare tra suoni e musica. Di recente abbiamo avuto gruppi musicali di amatori che si sono riuniti qui nel borgo e un club di San Francisco che organizza viaggi legati alla musica.
“On Air” nasce dalle sensazioni visive e auditive di Christina Kubisch durante una visita a Gargonza. – Come ci ricorda Kubisch la nostra realtà di ascolto della musica è sferica mentre in un teatro ci costringiamo ad un ascolto frontale con il palco. La musica ha bisogno di luoghi come Gargonza in cui lo spettatore possa muoversi liberamente nello spazio per una musica ambientale.
I voli in Mongolfiera? – Si deve tutto a mio padre e a Robert Etherington, un inglese che frequentava Gargonza perché interessato alla musica di Végh, nostro ospite. Arrivò al borgo alla fine degli anni Ottanta con una vecchia jeep che trainava un pallone ad aria calda. Il podere Contessa Francesca venne attrezzato per i lanci delle mongolfiere. Da Siena arrivavano le bombole di gas. Le partenze erano all’alba e prevedevano una colazione a base di champagne, formaggi e salumi tipici una volta di ritorno. Non era facile volare su distese infinite di boschi e trovare radure per le discese. Il suono di due corni da caccia polacchi avvisavano dell’atterraggio. Bisognava poi ritrovare con precisione il punto di ritorno per servire la colazione.
Gargonza ha un ristorante alle porte del borgo e un bar che si affaccia sulla piazza protetta dalla cinta muraria. Che ruolo hanno nell’accoglienza degli ospiti? – Il bar ha una funzione psicologica molto importante. È luogo di aggregazione informale per eccellenza dove la gente si incontra, fa amicizia e può trovare spunti per ritornare in vacanza insieme alla persone che ha conosciuto. Le “lamentele” o, diciamo, i suggerimenti sono per lo più esposti al bar che si trasforma in un confessionale laico. Davanti ad un bicchiere di vino l’ospite si apre con il barman dandoci indicazioni sulla qualità del servizio e dell’esperienza vissuta al borgo. Anche il ristorante ha la stessa funzione di aggregazione. Poi chiaramente dà un servizio all’ospite e l’esperienza culinaria è fondamentale.
Che tipo di clientela frequenta il ristorante? Esclusivamente chi alloggia al borgo oppure avete clienti di prossimità, di passaggio al Borgo? – Sia esterni sia residenti. La clientela esterna è in ripresa. Il ristorante risente però della soggezione del cliente ad utilizzare una struttura che fa parte di un hotel in cui non soggiorna.
Chi pernotta al Castello mangia al Borgo oppure preferisce mangiare fuori? – Siamo a circa 2 pasti per persona a soggiorno. A pranzo lavoriamo meno. Siamo in un punto strategico invidiabile per visitare la Val d’Orcia, la Val di Chiana e il Chianti. Siena e Arezzo sono a quaranta minuti d’auto dal Borgo. Gli ospiti vogliono esplorare un territorio che emoziona per quanto è bello e visitare città d’arte. L’offerta gastronomica del territorio è ricchissima sia che si preferisca cibo della tradizione toscana sia che si prediliga una cucina più gourmet. Lasciano Gargonza il giorno ma sono sempre contenti di tornare “a casa” alla sera come sento dire spesso.
Quale tipo di cucina? – Cucina tradizionale, cucina semplice, oserei dire di casa. Prodotti di alta qualità, anche se cari, alla lunga danno i risultati. Il nostro cuoco va personalmente a scegliere i salumi e le verdure perché sono queste attenzioni che garantiscono qualità alle pietanze. L’offerta culinaria di Gargonza è particolare. Dobbiamo essere flessibili nel gestire gruppi di turisti internazionali, eventi culturali di qualità che hanno un audience mirata, una carta individuale, esigenze alimentari di adulti e piccini. Un’offerta che va dalla semplice pasta al pomodoro a piatti più elaborati. Il nostro ristorante si configura bene per tipologia di offerta con il ruolo svolto dalla bottega di un paesino che ha a scaffale dal dentifricio ai prodotti alimentari, dai prodotti per l’igiene della casa ai francobolli.
Quanto è importante per Gargonza il richiamo di uno chef che sia un artista acclamato capace di creare percorsi e costruire emozioni? – Come ti dicevo, a Gargonza emergono la cucina e la qualità dei prodotti più dello chef. Non abbiamo mai avuto cuochi “con un nome” anche se la location si presterebbe a questo scopo. La cucina si riconosce dal prodotto anche se lo chef de La Torre è rinomato nella zona e questo ci fa piacere perché trova un pronto riconoscimento nella clientela locale. Non sempre la duttilità dell’offerta del nostro ristorante si addice agli chef gourmet che ricercano una clientela più disposta ad accettare una cifra stilistica che griffi la cucina ed è meno propensa ad accettare una cucina di necessità, seppur godibile. Qui a “La Torre” dobbiamo essere pronti a tutto.
Come gestisci l’approvvigionamenti delle materie prime. – Per lo più con la grande distribuzione che consegna direttamente. Per gestire i gruppi, spesso numerosi, è necessario avere un sistema di approvvigionamento efficiente. Poi abbiamo una serie di produttori locali che devono essere gestiti direttamente dal nostro personale. Costano fatica e richiedono molte energie e il mantenimento di una fitta serie di relazioni sul territorio che prendono tempo ma è un lavoro essenziale quando ci si relaziona con gli independent traveller che hanno un approccio più gourmet con il cibo.
Esigenze di differenziare un menù estivo da un menù invernale. – Cambiamo il menu 4 volte l’anno e poi lo chef mette nella carta piatti del giorno con le primizie del momento.
Che tipo di cantina serve ad una struttura come il tuo ristorante. – Abbiamo circa 70 etichette per lo più toscane che vanno da vini più commerciali che “fanno carta “ a produttori più piccoli dove emerge la professionalità dell’operatore che può così offrire un corretto abbinamento al cibo che offriamo.
Ma una bottiglia importante paga oppure no? – Una bottiglia importante si vende da sola. È il cliente che la ricerca in carta e te la chiede. Poi quando si affida a te, puoi proporre qualcosa di diverso. Se sono io a proporre le bottiglie, di sicuro guadagno molto meno rispetto a quando è l’avventore a voler la bottiglia “rinomata” che magari trova qui in Italia ad un prezzo migliore.
Mi sono sempre chiesto quali siano le difficoltà di gestione della dispensa di un ristorante come il tuo. Ci puoi dire di quanti chili di pasta, quanti di carne e quanti di salumi ha bisogno La Torre di Gargonza in un anno? – Bella domanda. Serviamo circa 14 mila pasti l’anno. Facciamo pasta fresca fatta in casa e serviamo circa 100 grammi a persona. Per il consumo della carne di manzo ti posso dire 3500 kg l’anno. Anche se il consumo sta scendendo e le verdure sono sempre più richieste.
Cosa farebbe fare un upgrade al vostro servizio di ristorazione? – Diversificare l’offerta dei servizi di ristorazione proseguendo con una cucina tradizionale basata su eccellenti ingredienti del territorio e introducendo un nuovo outlet dove lo chef possa sperimentare con libertà. Ma sono operazioni che hanno un discreto margine di rischio.
Quali sono le difficoltà legate all’organizzazione di eventi di ristorazione speciali? Penso a Ferragosto o Capodanno, una ricorrenza o una festa particolare, un matrimonio. – La difficoltà è legata al coordinamento, al far lavorare tutti come se l’evento fosse il loro. Questo è l’obiettivo. Mi ritengo comunque privilegiato perché chi sceglie Gargonza come luogo di lavoro non lo fa solo per una questione economica ma con tanto cuore.
Come organizzi il sistema colazione e quale tipo di esigenze hanno i tuoi ospiti? Ci sono differenze tra italiani e stranieri. – Le prime colazioni sono diventate dei pasti, sono il momento dell’accoglienza e devono essere gestite al meglio. Oramai non c’è più la colazione continentale e quella americana. Lo straniero tuttavia va più sul salato, l’italiano sul dolce. Cerchiamo di far scoprire la colazione autentica con il classico pane burro e marmellata.
La colazione servita nel “Frantoio di sotto” restituisce il calore di un primo pasto domestico che dà l’abbrivio al benessere di tutta la giornata. Ci sono il prosciutto e il salame toscano, ricotta e pecorino, le torte di Lucia che son crostate o ciambelle come quelle della “mi mamma”. Poi Lucia è affettuosa e gestisce cucina e servizio come avesse ospiti nel salotto di casa. Una buona frittata non manca con qualche vizio che la ingentilisce dalla proposta base di sole uova. Ed è impareggiabile aprire l’uscio, uscire con una tazza di latte fumante, scendere nel giardino interno all’ombra dei lecci, sedersi raggomitolati sui divanetti e lasciarsi ai boschi a perdita d’occhio su cui ci si affaccia stringendosi le ginocchia al petto nella volatilità di qualche essenza odorosa. Ecco il vero lusso di una colazione a Gargonza.
Quali sono le principali voci di spesa della gestione di Gargonza? – La manutenzione straordinaria costa molto così come quella ordinaria che mi garantisce il controllo dello stato del bene. L’altra difficoltà è il reperimento del personale ed il loro coinvolgimento per il bene aziendale.
Quanto personale ti serve per gestire Gargonza? – Siamo in 23 persone suddivisi tra front e back office, manutenzione, pulizie, camerieri e cucina.
Siamo in Toscana dove la ricchezza di prodotti tipici è tale che i tuoi ospiti possono ricercare prodotti legati al territorio ovunque. C’è spazio per la vendita di prodotti di Gargonza al borgo e quale plusvalore può avere il commercio diretto di prodotti tipici per i tuoi ospiti? – Non essendo più Gargonza un’azienda agricola, o comunque essendo questa attività molto marginale, non possiamo legarci a prodotti specifici. Potremmo vendere prodotti locali, questo si, ma rischieremmo di voler offrire un prodotto come locale quando in realtà è solo venduto localmente. Abbiamo comunque del miele e dell’olio e qualche bottiglia di vino prodotti nella tenuta. In fondo Gargonza gode di un isolamento in cui la natura è sovrana e le api godono di un certo benessere in un territorio poco antropizzato proprio per la ricchezza di specie mellifere spontanee.
Quali attività organizzate per i vostri ospiti? – Attività di riscoperta della natura e della propria dimensione grazie alla Forest Therapy. Abbiamo sentieri segnalati. Siamo regolarmente meta di passaggio di e-bike grazie alle quali si è esteso il raggio di visita alle bellezze dei nostri borghi tipici. Un maneggio con cui collaboriamo porta gli ospiti a cavallo per la campagna toscana. E in stagione perché non andare alla ricerca dei tartufi con un esperto tartufaio e i suoi lagotti? Vorremmo anche dotare una delle nostre sale di attrezzature per la ginnastica. L’estate 2025 porta con sé una rivoluzione nel modo di viaggiare: il noctourism, ovvero il turismo notturno. Pionieri di questa tendenza sono i cosiddetti astroturisti, viaggiatori che si spostano in luoghi remoti per ammirare cieli stellati privi di inquinamento luminoso. Ma il noctourism va oltre e abbraccia tutte quelle attività che permettono di vivere un territorio in modo diverso quando cala l’oscurità. E al Castello, come sai, il silenzio diventa voce narrante che apre a una riconnessione con la natura e a un percorso di digital detox grazie a passeggiate nel borgo ascoltando la voce della pietra, all’osservazione delle stelle o della Val di Chiana dalla Torre, alle escursioni nei boschi alla scoperta della fauna notturna.
Se avessi una capacità di spesa illimitata in che cosa investiresti? – Completerei il restauro di ulteriori metrature di proprietà e dedicherei parte delle metrature ad accogliere il personale cercando così di ricreare una piccola comunità stanziale. Aprirei degli spazi ad artigiani e a scuole di artigianato per favorire il mantenimento di questo importante patrimonio culturale.
Gargonza vive della dualità tra tradizione e innovazione: quali sono le innovazioni che vorresti portare al Borgo? – Renderei le abitazioni a completa energia rinnovabile. Vorrei mantenere l’anima delle case di Gargonza, l’anima del luogo, il carattere autentico che il Borgo si è conquistata nel corso degli anni.
In fondo Gargonza è un Borgo fatto di persone che hanno lasciato e lasciano una cifra stilistica importante nel vostro sistema di accoglienza. Penso a te e alla tua famiglia ma anche ai tuoi preziosi collaboratori. La cifra stilistica di Lucia alle colazioni o quella di Michelle quando era alla reception sono uniche. Qual è l’importanza di avere figure identitarie come loro capaci di creare empatia con gli ospiti nella qualifica dei servizi? – Alcune figure lavorano con noi da tanti anni e sono depositarie di un’anima molto importante per la definizione dello stile Gargonza. Lucia è sicuramente una colonna esemplare per chi lavora da poco con noi.
Gargonza è un borgo legato per secoli, e strettamente, alla famiglia proprietaria. Qual è il vantaggio di avere una famiglia come la tua che risiede al borgo e gestisce l’accoglienza rispetto ad avere un direttore esterno? – Cambia tutto. Le strutture che hanno un vertice nella famiglia hanno sicuramente una carta dell’autenticità da giocare con gli ospiti. Penso alle strutture del Nord, in particolare delle Dolomiti, dove c’è sempre una famiglia a capo della gestione e questo fa tanto per i clienti e per chi lavora.
Come mai ti sei interessato a Gargonza? – Perché Gargonza è la mia vita. Perché sono cresciuto con gli inventari delle case ad inizio stagione, con il telefono che squillava a casa quando mia madre prendeva le prenotazioni per l’estate, con i primi fax, con la corrispondenza di persone che decidevano di venire in Toscana per le vacanze. Poi i drink con gli ospiti che i miei genitori organizzavano sempre. Questo contatto era importante per dare quel tocco personale, di famiglia, e per far nascere amicizie tra gli ospiti. L’estate lo facciamo ancora quando abbiamo un pubblico di famiglie più numeroso.
Cosa rappresenta Gargonza per te e cosa rappresenta Gargonza per tua moglie e per la tua famiglia? – “Croce e Delizia”. È un bell’impegno ma per me è una missione proseguire l’attività dei miei genitori. Nonostante la fatica trovo che sia comunque un lavoro di qualità. Non ti lascia molti denari ma ti dà tanto in termini di soddisfazione quando gli ospiti vanno via contenti.
Per le tue figlie adolescenti? Una fuga da Firenze? Una prigione? – Credo rappresenti molto di più di quello che m’immagino. Spero che possano continuare a gestire il borgo in una forma magari meno coinvolgente della mia.
Lasceresti mai Gargonza? – Sarebbe molto difficile lasciarla. Mi piacerebbe però lavorare in un’altra struttura per capire come si può gestire meglio il Borgo.
A quale parte del Borgo ti senti più affezionato e per quale ragione? – Da piccolo alla casa dei ragazzi che si trovava davanti alla sala colazioni. C’era stato dato questo spazio per poter giocare. Poi, crescendo, alla Villa e alla Torre che abbiamo recentemente restaurato.
Cosa colpisce secondo te in una struttura come Gargonza? Se stessa e cioè essere un borgo che accoglie gli ospiti nelle case che furono degli abitanti? Essere un crocevia tra Chianti, Val d’Orcia, Casentino e Val di Chiana? Essere un borgo isolato dove trovare se stessi e riflettere? – Tutto questo. Soprattutto però la possibilità di soggiornare in una struttura che ha avuto una lunga storia di persone che ci hanno vissuto. Penso che questo traspaia bene.
Gargonza è un borgo aperto accessibile a tutti. Quali sono i rapporti con i ‘Gargonzini’ e in particolare con gli abitanti di Monte San Savino? I Savinesi sono legati “al Castello”? – Lo vedono forse come qualcosa di inarrivabile ed il ristorante risente dell’importanza del borgo. Però sono tutti molto legati a Gargonza.
Il restauro della torre e il crowdfunding che lo ha reso possibile. Ce ne puoi parlare? – Iniziai per gioco. Quando parte dei merli cadde decisi di inviare una mail ai nostri contatti, quasi 8000, con una richiesta di crowd funding. L’iniziativa ebbe un grande successo perché il 90% delle persone raggiunte lesse il nostro appello e rispose con entusiasmo a sostegno del restauro. Al di là della somma raccolta che ci servì per un piccolo progetto inziale, capii che tanta gente aveva lasciato il cuore a Gargonza e quale valore avesse per loro il borgo.
Dopo un anno dal completamento del restauro? – Il 2024 è stato il primo anno completo con la torre restaurata e fruibile. Possiamo finalmente ospitare eventi oltre ad aver reso utilizzabile il terzo piano con una camera matrimoniale che si aggiunge alla suite al piano terra. Il restauro ha compreso la ripulitura e la stuccatura di tutte la facciate, lo smontaggio e la messa in sicurezza dei merli. Sono stati restaurati tutti gli interni recuperando i vecchi pavimenti in cotto e ripulendo i solai. Sono state fatte le nuove scale in castagno che permettono di raggiungere la camera al terzo piano e la terrazza da cui si ammira una vista spettacolare su tutta la Val di Chiana. Abbiamo utilizzato tutte maestranze che conoscono Gargonza da anni e che ci seguono nel lavoro quotidiano di mantenimento.