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Portrait Milano Lungarno Collection

Incontro Cesare Murzilli, Executive Pastry Chef del Portrait Milano tra i tavoli del Ten Eleven in una delle sue tante uscite di cortesia per gli ospiti. Poi lo ritrovo a Pitti Taste, nella Fortezza da Basso di Firenze per un talk nobile con Anna Prandoni e alla lounge di Lavazza a Identità Milano, in fiera al City Life. Esploriamo con Cesare la colazione di Portrait Milano addentrandoci in questo nuovo rituale di socializzazione che passa da servizio necessario a leva di marketing, strumento di posizionamento e veicolo di promozione sui social. Una nuova forma di cura cui dedicarsi per iniziare al meglio la giornata. – di Gianluca Donadini

Milano è città difficile da raggiungere. Almeno per me che dimostro una pigrizia innata per prendere un treno di quelle linee dimenticate da tutti che portano sì in città ma con disagi esasperanti. Poi, una volta a Milano, fuggo passando velocemente sulle bellezze di una metropoli europea e cosmopolita che non colpisce a prima vista come può fare Roma. Milano è città riservata ma operosa. La bellezza, la città ha pur sempre un gusto seppur non troppo ostentato nell’architettura e nell’urbanistica che non lascia indifferenti, deve essere scoperta con una ricerca che a volte costa fatica. Non sono uomo metropolitano e amo gli ariosi tram che preferisco ai trasporti ‘underground’ per il loro fascino d’antan. Prediligo però soprattutto i taxi che mi offrono chaperon con cui chiacchierare amabilmente. I tassisti sono una sorgente purissima di informazioni e con loro si fa subito il polso della situazione: sul traffico, sulla criminalità, sulle nuove aperture. Sanno essere più puntuali dell’Ansa e vivono la città dal basso tastando e conoscendo di prima mano l’humus fertile in cui fioriscono nuovi stimoli e tendenze.  In fondo la vita germoglia dal basso e dall’alto di un ufficio panoramico in un palazzo di vetro si perdono i particolari delle avanguardie che la distanza rende invisibili finché non si fanno tradizione per molti.

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Siamo al 10_11 (Ten Eleven) per provare la colazione di Portrait Milano che si è aggiudicata il premio Best Breakfast del Best Luxury Hotel Awards ideato da Teamwork Hospitality grazie alla qualità dei prodotti, il servizio e l’atmosfera. “Una prima colazione deliziosamente concepita all’insegna del bello, della passione per il gusto e lo stile, per il ricchissimo e diversificato buffet, per l’estro dell’Executive Pastry Chef, per la varietà delle proposte, per la splendida tavola allestita nel dehors vista giardino capace di creare quell’atmosfera esclusiva di italianità calda e accogliente” sono le motivazioni che hanno portato la giuria di esperti del settore Luxury a premiare 10_11 Bar Giardino Ristorante. Lungarno Collection sceglie sempre location magnifiche per i propri alberghi. Portrait Firenze ha il lungarno e una vista invidiabile su Ponte Vecchio mentre Portrait Milano è in un’oasi di pace tra il Quadrilatero della Moda e Corso Venezia, a due passi dal Duomo e dalla Galleria. Varcata la soglia dell’ex Seminario Arcivescovile voluto da Carlo Borromeo attraversando il portale barocco di Francesco Maria Richini, ci troviamo in un retreat molto intimo grazie agli arredi di Bonan, ai dehors e al giardino interno che è un gioiello prezioso in una città operosa come Milano.   La Piazza del Porticato, maestosa con le sue colonne binate, ne apre gli orizzonti grazie a una passeggiata pedonale tra Corso Venezia e Via Sant’Andrea che mette generosamente a disposizione dei Milanesi un palazzo monumentale che è stato biblioteca, stamperia e scuola secondo un concetto di ospitalità inclusivo e trasversale tanto caro alla Proprietà. Gli arredi, Bonan è interior design di fiducia dei Ferragamo, tratteggiano una atmosfera ovattata in un contesto monumentale di rigenerazione urbana e di riequilibrio psicofisico in cui la bellezza rilassa e dona benessere. Non fosse per una Longevity Spa suadente nel cui nome c’è tutta l’essenza dell’otium cui abbandonarsi per trarre nuova linfa.

L’importanza delle cose fatte bene – Cesare Murzilli è persona pacata e precisa. Ordinato, fa le cose fatte bene. ‘Altrimenti meglio non farle’ mi confessa. Abruzzese d’origine, romano d’adozione, cresce in una famiglia di medici e si avvia alla professione di ortopedico. Ma l’amore per la cucina lo porta con determinazione ad affrontare un percorso preciso e testardo di crescita con Cristiano Torsiello all’Ostreria Arbustico di Paestum, con Roy Caceres a Metamorfosi e a Joia, ristorante vegetale di Pietro Leemann, stella Michelin, a Milano. Collabora con Denis Dianin per affinare l’arte della pasticceria, formazione che continua con Emmanuele Forcone, campione del mondo 2015 di quest’arte culinaria, con cui gira il mondo alla ricerca di un apprendimento on the road variegato e vivace. ‘Essere pasticcere è un lavoro dinamico. Ci vuole elasticità mentale, tecnica, apertura ad altre culture, ascolto e capacità di racconto. Il pasticcere moderno è intrattenitore, psicologo, profondo conoscitore delle tendenze di mercato, contabile, esteta. È superato da tempo il concept che un pasticcere sia un semplice cuoco dei dolci’. E Cesare, grazie alla sua caparbietà e alla mano misurata, dimostra quanto poliedrica sia la figura di un pastry chef così capace da meritarsi l’esclusiva appartenenza all’Accademia Maestri Pasticceri Italiani. Nel 2021 cura l’apertura dell’hotel W Roma occupandosi della parte dolce, dalla colazione alla cena, in collaborazione con Fabrizio Fiorani. Poi ritorna a Milano, al Portrait, e precisamente al 10_11 che riunisce nel nome i due civici dell’hotel, il 10 di Via Sant’Andrea e l’11 di Corso Venezia. Da allora è Corporate Executive Pastry chef e lavora con Alberto Quadrio, lo chef della famosa pasta in bianco, finché Alberto non decide di lasciare il Portrait per Erbusco.

Un pasticcere dal rigore metodologico – Murzilli è pasticcere artigiano, di quella artigianalità fine che, come ben ci insegna la Maison Ferragamo, è un’arte sopraffina di gusto, di stile, di glamour, di eleganza e di innovazione capace di emozionare. Un’artigianalità che ha bisogno della giusta mano che non ripeta gesti per maniera ma che siano il risultato di un’educazione sentimentale che regola sensibilità e cuore. La pasticceria ha bisogno di misura e di regole anche quando si ricercano nuove materie prime e si sfruttano le più moderne tecnologie di produzione. Non chiede di privarci di estro e sentimento ma di restituirlo attraverso un modello educato che si espliciti “accomodato” in pesi, proporzioni, forme, strutture e assecondi gesti misurati che ne sostengano le lavorazioni.

E in questo Murzilli è bravo. Molto bravo sia come pastry chef sia come ideologo di una cucina che rispetti il valore della cultura di Casa Ferragamo facendosi portavoce dell’autenticità e del savour-faire delle cucine più domestiche pur non disdegnando l’approccio al cambiamento, alla creatività e all’innovazione. Per unire queste due anime bisogna essere persona autentica e di valori, caratteristiche, queste, che ai nostri giorni portano identità e riconoscimento. E Cesare è un pastry chef in perfetta comunione d’intenti con la Proprietà, rispettoso dell’heritage di Maison Ferragamo che dell’ospitalità fa ormai moda in un passaggio molto fluido dalla haute couture al lusso educato e gentile dell’hospitality.  Come dimostra la mostra tutta da mangiare in cui i cakes di Cesare e dei suoi ragazzi riprendono gli stilemi di Salvatore Ferragamo in un gemellaggio di forme e colori con le scarpe più iconiche del maestro calzaturiere irpino all’insegna di un connubio artistico glamour tra moda e pasticceria.

Dedicarsi tempo è una forma di cura – ‘La Proprietà ha deciso di puntare molto sulle colazioni fin dall’apertura della sede di Milano due anni fa.  Coccoliamo il cliente dal risveglio e per questo chiediamo che venga dedicato del tempo al primo pasto della giornata. Il tempo è importante e qui al Portrait bisogna prenderselo tutto perché in una città veloce come Milano è la più grande attenzione che possiamo regalarci’.  D’altronde, come scriveva Platone nell’Apologia di Socrate, “si nasce gravati dal compito di dare forma al proprio tempo”, e al Portrait la cura alla nostra esistenza, al nostro tempo è amorevole. ‘Io ho avuto la fortuna di viaggiare molto con i miei genitori e il momento più bello della giornata, per me il più atteso, è sempre stato il tempo della colazione. In termini di accoglienza, se ci pensiamo, la colazione è l’occasione migliore per regalare un’esperienza o per rimettere a posto un momento della precedente giornata andato meno bene, sia esso una cena poco soddisfacente o un pernottamento che non ha funzionato. È un momento adatto a riconciliare.  Lo spieghiamo ai ragazzi della brigata perché non sottovalutino l’importanza di questo passaggio con i nostri ospiti’.

La colazione è dialogo – Pur essendo una città sempre di corsa, Milano ha imparato a prendersi il suo tempo da noi. Abbiamo un buffet. Il cliente deve alzarsi e servirsi. Un’oretta ci vuole tutta. Poi Milano è una città che vuole sapere e il racconto è fondamentale. ‘Parliamo delle materie prime e delle lavorazioni così gli ospiti prendono coscienza della qualità dei nostri prodotti. Cioccolato, caffè, burro hanno costi in netta crescita nell’ultimo anno. A volte gli ospiti che non trattano direttamente con queste filiere non se ne rendono conto. Bisogna raccontarlo. Senza il racconto tutto quello che facciamo svanisce.  In fondo la pasticceria è magia. E l’ospite ne subisce il fascino. Raccontare il perché di alcune spezie, di una particolare vaniglia, parlare del pane, noi ne facciamo tanto, riempie di contenuti questa magia. La vera prerogativa è saper raccontare bene il prodotto. Il racconto che si fa aggiusta anche i piccoli errori che si possono commettere in produzione’.

Distinzione – Volevamo creare un’offerta che si diversificasse dalle altre. A Milano non è facile farlo perché sono circondato da colleghi bravissimi. C’è stato uno studio approfondito cui ha partecipato il marketing e le funzioni F&B. Ti posso dire che vincente è l’enorme offerta del buffet con prodotti che variano costantemente. In fondo la nostra colazione è una trasgressione che ci concediamo. Ci lasciamo per una volta andare ad una caloria in più del consueto e questo ci permette di portare sulla tavola del buffet un’offerta che è certo opulenta. Stiamo lavorando su alcuni prodotti per renderli più dietetici ma è difficile rendere un dolce light senza snaturarlo in termini strutturali, concettuali e simbolici. E forse non ha nemmeno senso farlo a meno che gli ospiti non debbano rispettare un preciso regime alimentare per motivi di salute.  Il dolce è uno sfizio, un momento di piacevolezza. Se perde la sua natura trasgressiva perde la sua identità di cibo confortevole. Possiamo trovare alternative per chi ha intolleranze o è diabetico. Ma il cliente vuole il dolce. È piacevole in sé e riassume l’idea dello sgarro, della concessione. La pasticceria è un vizio e un lusso, un lusso goloso. Mi piace coccolare l’ospite e ho l’abitudine di uscire con un po’ di tutto. E’ il mio, il nostro modo di dimostrare che gli vogliamo bene, di farlo stare bene. Comunque nel corso della giornata si può rimediare con una passeggiata, un’insalata a pranzo e anche a Milano, città sicuramente più attenta alle calorie di Roma, si recupera la concessione che ci siamo fatti.

Una colazione aperta agli esterni – L’idea iniziale era di aprire le colazioni a tutti. Certo, abbiamo un focus sull’hotellerie e sugli ospiti che pernottano da noi ma per la Proprietà era molto importante attrarre ospiti che non risiedessero in Hotel. Hotel e ristorante hanno ingressi separati, una condizione che svincola dall’impegno, avvertito spesso con disagio dagli ospiti non residenti, di passare dalla Conciergerie o dalla Main Lobby. Abbiamo meno barriere e si riduce l’imbarazzo iniziale di dover entrare in un albergo per accedere a un bar ristorante. Piano piano siamo riusciti a far sì che i nostri ospiti superassero quest’inerzia tanto che la situazione ci è sfuggita dalle mani. Gli ospiti esterni sono aumentati a dismisura. Siamo ormai obbligati al numero chiuso. Milano è città mitteleuropea più pronta a cogliere nuovi usi, più sperimentale di altre parti del Paese. E’ ormai superata la timidezza di passare in hotel da esterni che frenava sempre noi Italiani.

Buffet sì o buffet no? – Dipende dal lavoro che si fa. Per noi è buffet sì. Perché ci alleggerisce tanto. Facciamo numeri importanti considerando gli ospiti che alloggiano da noi e che i Milanesi, un pubblico eccezionale, hanno sposato con entusiasmo questo nostro progetto di accoglienza. Io ho aperto attività in varie parti del mondo e in Italia ho fatto consulenze ovunque. L’ultima è stata a Roma. Non si è mai fatto il lavoro che si è fatto qui a Milano. Il ‘Milanese’ viene volentieri a fare colazione. Spesso si tratta di una clientela business, ma c’è chi passa per piacere, un incontro o una riunione con tutta la famiglia. Il buffet ci aiuta. Ci snellisce il lavoro. E ci dà questo tavolo enorme dove c’è di tutto come fosse il paese dei balocchi. Noi ci divertiamo. Gli ospiti gradiscono.

Una tavola ricca di significati – Al Portrait il significato del cibo va oltre il valore fisiologico e gustativo. Il cibo è storia e saperi, identità, cultura, socialità. E il grande tavolo del buffet, imbandito in ogni dove rappresenta bene il concetto della tavola che si fa luogo del dialogo, di condivisione della parola, del confronto, della scoperta personale e dell’altro secondo un concetto che trovo molto greco nella sua radice più profonda che accompagnava il cibo a conversazioni umane e divine.

Riti e stagioni – A seconda del momento dell’anno proponiamo prodotti diversi. Al Portrait abbiamo rituali legati al cibo e sono proprio i “ritual” a creare una connessione tra il territorio e una clientela internazionale che si appropria dei significati più veri della milanesità, o dell’italianità, attraverso atti per noi significanti.  E i riti del cibo rassicurano noi Italiani, ci fanno sentire a casa, in una dimensione di comfort perché ritroviamo le nostre radici e riescono ad essere accoglienti nei confronti degli stranieri. Contestualizzano la nostra esperienza. Per la colazione veniamo a tavola con la moka calda per un caffè speciale in abbinamento a un prodotto regionale. C’è quella gestualità del servizio, il suono inconfondibile e identitario del caffè che sprigiona dalla moka capace di rilasciare energia positiva attivando rilassamento e benessere e un cocktail di profumi che solo le cultivar e i blend più preziosi sanno dare.  A Natale abbiamo il panettone che riproponiamo anche a febbraio per la tradizione di San Biagio.  Frappe e tortelli accompagneranno il carnevale. Anche la pasticceria ha la sua stagionalità. Cosa più della pasticceria è legata ad un calendario di celebrazioni che noi facciamo rivivere. In fondo la gente vuole conoscere storie, sapere cosa facciamo. E attraverso il cibo sappiamo chi siamo e da dove veniamo.

Milano non è Roma – Ci sono molte differenze tra Milano e Roma.  Cambiano i temi gastronomici. Milano è più gourmet. Roma è più rustica.  A Roma piace un croissant con meno burro. Non si ama il profumo del burro, che in realtà è elemento di qualità, forse perché le forniture venivano fatte un tempo a prezzi bassissimi e imperversava la margarina che non è molto aromatica. Grazie però a molti colleghi si è fatto un lavoro pazzesco per rimodernare la qualità e le abitudini dei Romani stanno cambiando. Milano ha di suo una cultura diversa del dolce e del cibo. Lo subordina più spesso che a Roma alla fine di un pranzo.  Si esce tanto. Ci troviamo una media di 50-70 persone al giorno che vogliono fare una colazione in hotel. Ci troviamo gli stessi ospiti quattro o cinque volte la settimana, cosa impensabile a Roma o in altre sedi.

Non conta solo la location – Questa frequentazione assidua certifica che il lavoro che facciamo è di qualità e molto apprezzato. Il successo non dipende solo dalla location, dal giardino interno, dalla qualità dei nostri prodotti, dall’empatia della brigata o del personale di sala. Bensì dall’insieme di tutti questi fattori. Le aspettative sono alte. E avendo clienti abituali chiedono i prodotti cui sono affezionati pur sorgendo spesso spontanea la domanda “oggi cosa hai fatto di nuovo?”. Mi diverte molto questo comportamento perché, benché siamo una struttura di lusso, diventiamo l’osteria di nonna Maria che fa giovedì gnocchi e con cui si ha confidenza. E in una struttura di lusso non è facile realizzare un’offerta come la nostra perché ci sono molti prodotti, questi ruotano con la stagionalità e gli ospiti si aspettano produzioni specifiche della giornata. Il lusso diventa casa.

Lo stress per la brigata è alto – Per questo cerco di stemperare la tensione rendendo sfidante il lavoro dei ragazzi. Ogni settimana chiedo loro di lavorare su un ingrediente particolare a scelta. Se sviluppano una buona idea mandiamo il concept in produzione e quindi in sala. Faccio in ogni caso rispettare delle regole in questa fase di sviluppo prodotto proprio per evitare sprechi eccessivi. La sostenibilità per noi conta. Però ogni due settimane abbiamo un prodotto nuovo e i ragazzi sono molto motivati. Ci mettono la faccia, si sentono responsabilizzati. La sfida li eccita. Vedi, la colazione del Portrait è in fondo di Cesare Murzilli nell’immaginario degli ospiti. Ma non pensi la brigata che, per questo, io sia un parafulmine dietro cui proteggersi. Ho l’abitudine di dare voce e volto ai miei ragazzi. Non sono il solo ad uscire e a relazionarsi con i tavoli. La loro crescita passa dall’esercizio quotidiano di parlare con gli ospiti sia quando c’è il complimento sia quando il tavolo ha delle osservazioni.

Standardizzare la qualità – Il più grande insegnamento che do ai ragazzi è il focus sullo standard. L’invenzione deve essere standardizzata perché è la qualità costante che avvicina il cliente e la standardizzazione nella produzione è fondamentale. Non è un concetto che dobbiamo confondere con una certa industrializzazione delle produzioni o che faccia rima con omologazione e un tentativo di essere o diventare tutti uguali. La standardizzazione è eccellenza qualitativa.

Criticità della pasticceria d’hotel – È sicuramente più difficile fare pasticceria in un albergo di lusso rispetto a gestire un laboratorio. La clientela ha esigenze diverse. Le tempistiche sono diverse. L’hotellerie di lusso ha l’esigenza di essere impeccabile, dalle colazioni al pranzo, dalla merenda alla cena. Bisogna essere sempre pronti a far fronte alle richieste che cambiano nel corso della giornata, tarda sera e notti comprese, e che variano molto nelle sedi dove la Proprietà apre degli alberghi.

40 ml – Abbiamo imparato a lavorare con stampi professionali da 40 ml che costituiscono una vera media porzione. Mi piace sottolineare l’aspetto sostenibile e molto versatile di questo formato nella riduzione degli sprechi alimentari. L’utilizzo di questa grammatura permette di standardizzare le ricette e cambiare forme utilizzando una stessa quantità di prodotto di per sé light perché due assaggi non arrivano a 100 grammi. Riducendo le porzioni si riducono gli avanzi, la cucina non soffre eccessivamente per lo smaltimento dei surplus prodotti e gli ospiti possono sperimentare più assaggi. Affrontare lo spreco alimentare negli hotel richiede un approccio integrato che coinvolga l’intera filiera, produttori di stampi e attrezzature per pasticceria inclusi.

Sostenibilità economica e sociale – Abbiamo una pasticceria interna che ci permette di essere artigiani. Facciamo tutto in casa. Questa è la forza di un grand’hotel come il Portrait. Ma il 10_11 ha un’anima a sé e gode della sua libertà. Ha un budget e una revenue da rispettare indipendentemente dalla copertura economica garantita da camere quotate mille euro a notte. Siamo bravi in questo e riusciamo ad essere sostenibili economicamente. Il dolce è profittevole. Ti faccio un esempio: nel mese di ottobre 2024 abbiamo venduto 4000 dessert al piatto. Non è poco se pensi che lavoriamo in pochi metri quadri malgrado la tecnologia ci aiuti. Siamo cresciuti e bene. Eravamo in quattro. Ora siamo in dodici. E sono orgoglioso di riuscire a garantire una sostenibilità sociale alla brigata. Non abbiamo i soliti orari assurdi di una pasticceria. Ti dico che quando ho deciso di lasciare l’ortopedia per occuparmi di cucina ho dovuto farmi la mia esperienza. Ho viaggiato tantissimo, preso moltissimi aerei dormendo pochissimo. I miei ragazzi non devono pagare questo prezzo. Si lavora sodo ma la vita è vita. Ha bisogno dei suoi spazi. Bisogna saper e poter staccare perché ci si riposa ovviamente ma anche perché ci si ricarica. Se c’è stress finiscono le idee. I ragazzi hanno sempre due giorni consecutivi “off” con rotazione dei riposi nei weekend e nella settimana. Io sono guida, e come guida non mi assumo solo la responsabilità di insegnare ma tendo a fare anche le ore in più necessarie a garantire un equilibrio alla brigata.

E di altre sostenibilità – Tutto quello che si mangia qui è quasi a km 0 secondo il concetto a noi caro che l’etica delle lavorazioni porti ad avere un legame imprescindibile con il territorio e la stagionalità degli ingredienti. Con il latte siamo nel lodigiano. È di Salvaderi, di mucche di razze rare tenute al pascolo come la Guernsey.  È biologico, ricco di betacarotene e ha un bel colore giallo. Rispettiamo il ciclo biologico di produzione delle mucche. A dicembre e gennaio abbiamo ad esempio ridotto la produzione di gelato per poi interromperla del tutto una volta finite le scorte di latte perché le mucche hanno un ciclo di riposo fisiologico. Mozzarelle e ricotta di bufala vengono da Cremona. Il contado di Milano conta. Ci sono però materie prime che non possono venire dal contado. Il mango è siciliano ma non certo africano. E arriva ad inizio autunno in una sola fornitura. Lo si lavora, lo si trasforma e poi per un anno non abbiamo più mango. Sarebbe insostenibile approvvigionarsene in un paese esotico e lontano. I pomodorini sono pugliesi. L’eccellenza conta quanto il territorio e la sostenibilità.

Portrait, a buffet o all’italiana – Tre sono i menu della colazione. La prima proposta, “Colazione Portrait” (55 euro) prevede la libera scelta dal buffet e un piatto caldo tra uova, crêpe, pancake o porridge.  La “Colazione a buffet” (45 euro) offre la possibilità di accedere al buffet e di una bevanda calda, di una spremuta o di una centrifuga. La terza formula a 26 euro è la “Colazione all’italiana” che include croissant, pain au chocolat e una fetta di torta accompagnati da una bevanda calda e una spremuta.

Girovagando… tra le isole del buffet – Torta salata agli spinaci e ai carciofi; una selezione di salumi con crudo, salame, tacchino, bresaola e prosciutto; formaggi con toma bergamasca, pecorino romano, grana padano 36 mesi, rosa camuna, ricotta, mozzarelle; salmone affumicato e pesto al pomodoro, hummus al guacamole e  croissant salati: l’offerta è ampia. Ci sono girelle di cannella, l’amor polenta, la babka al cioccolato, pan brioches, la danese, i cestini di frutta, i croissant (albicocca, lampone, cioccolato, crema, pistacchio, lampone) e altri re della viennoiserie.  Le colazioni sono sfogliate prima di tutto. Ma la sezione delle torte, che vogliono richiamare la tradizione domestica degli sfornati per tipologia, mantiene una precisione che acutizza la potenzialità di dolci casalinghi a raggiungere espressioni inattese. ‘Il nostro progetto vuole ricordare convivialità, famiglia, i giorni di festa. Cosa più dei dolci di una tradizione casalinga richiamano questi valori? E considera che molte delle nostre torte da forno si possono facilmente rifare a casa e ci divertiamo a lasciare le ricette agli ospiti perché in tutta onestà possono essere riproposte anche da mani meno esperte. È un bel modo di condividere e di far partecipi chi siede al nostro tavolo, di far continuare l’esperienza Portrait anche a casa mantenendone memoria’.

Gli sfogliati sono classici ma non mancano ricerca e sperimentazioni: nelle forme, che assumono pattern di piramidi, parallelepipedi e sfere, di cui Cesare racconta con piacere sviluppo e realizzazione mai dimenticando la veste di educatore che lo caratterizza; nelle grammature, che devono essere precise affinché gli stampi di Pavoni schiudano creature perfette dopo la cottura; nella struttura degli impasti e nei giusti equilibri delle creme. Croissant, pain au chocolat o pain suisse: l’arte degli sfogliati gioca sugli equilibri tra burro, zucchero e uova e la maestria della sfogliatura. Le temperature di lavorazione sono controllate e la farina, di grani italiani ricchi di proteine, rende l’approvvigionamento una ricerca attenta perché l’Italia non è un gran produttore di farine proteiche ma la qualità degli ingredienti deve essere assoluta. Eppure, al di là di profumi di burro, della croccante leggerezza e dei flavor inconfondibili o stupefacenti delle creme, l’occhio vuole la sua parte. La pasticceria non si dimentica di essere cibo e si mangia prima di tutto con gli occhi. In fondo la vista stimola il desiderio e attiva il piacere che è la ricompensa messa in atto dal nostro cervello quando compiamo azioni essenziali alla sopravvivenza. Ne è un esempio il moon croissant di Cesare, bello di suo, di una eleganza essenziale, armoniosa e senza artifizi, la purezza dell’equilibrio. Si sopravvive senza mangiarlo ma l’assaggio cambia qualitativamente i destini della nostra sopravvivenza.

Poi c’è la crostata di amarena, pistacchio e caramello. ‘Si fa la frolla e la si riempie di frangipane al pistacchio. Aggiungiamo amarene sciroppate e completiamo con caramello all’arancia. Il segreto è nella frolla in cui usiamo farina di mandorle per renderla più grassa e morbida.  Riprendiamo la ricetta di Lenotre, della famosa pasta frolla “che mantiene la forma”. Friabile, piacevole saporita’. Lemon Cake, Foresta Nera, Torta di carote, Banana Bread: poi spicca la torta di mele, nella versione con frolla, frangipane alle mandorle, mele cotte al forno e sfumate con alcol alla vaniglia e un crumble che dà piacevolezza. Non può mancare una foglia d’oro perché a Milano l’omaggio a Gualtiero Marchesi è dovuto. Si continua con la torta paradiso, la torta al cioccolato nelle varianti anacaprese, tenerina o caprese, le crostate ai frutti di bosco. A queste si aggiungono tre cake la cui selezione varia ogni giorno con l’estro di Murzilli. ‘Una caratteristica delle colazioni a buffet è che non si ha in senso stretto un menu dal quale si può e si deve scegliere. Siamo noi che scegliamo cosa dare. Il nostro estro ha la maggiore. ’

A completare la proposta a buffet abbiamo pane, burro e marmellata; i croissant dolci e salati, il pain au chocolat e il pain suisse che si ripetono per non mancare mai; cestini al cioccolato fondente con cremoso e crumble; moon croissant, tropezienne, pancake ai frutti di bosco; i classici intramontabili delle tradizioni milanesi e romane come la veneziana e il maritozzo; un corner dedicato ai più piccoli e uno al gluten free.

Dal buffet alla carta – Possiamo scegliere una selezione di miscele pregiate di tè e infusi, le centrifughe di frutta fresca, crêpes, pancakes, porridge, french toast, i crostoni (imperdibile quello di hummus barbabietola e noci e quello con prosciutto e mozzarelline), recente novità tra i piatti salati. Tra i molti piatti spicca il menu dedicato alle uova. Imperdibili l’uovo alla milanese con spuma al taleggio e salsa allo zafferano e l’uovo Capitelli con prosciutto cotto affumicato, senape in grani e pane ai cereali. Completano la carta le uova al pomodoro, pan di cacio e pane bianco in cassetta; l’uovo al tegamino con caviale Adamas e pane bianco tostato; l’uovo con tartufo. L’uovo in fondo è sempre una scoperta fin dai tempi di Cristoforo Colombo e il tocco finale, di classe, è il profumato gorgoglio della moka servita direttamente al tavolo.

Le mie coccole – Ho gli sfogliati che Cesare mi ha portato. Poi prendo due fette di bacon che sono per me la prova del nove. Mi lascio tentare da un uovo poche crispy grazie a una panatura di pane panko e spuma di taleggio e dall’uovo Milanese. Il caffè non fa per me ed è tradizione avere un English breakfast tea che maldestramente lascio in infusione per tempi impropri. Colpa della chiacchiera bella che a tavola prende spesso il sopravvento sul cibo. Ma non rinuncio al ritual della moka che mi porta in tavola con tanto garbo un brand Lavazza con note esuberanti di caffè (75% arabica e 25% robusta) che poi si acquietano in uno stream di cacao intenso. Posso rinunciare allo zabaione? No, specialmente se leggerissimo.  È fatto con uova e zucchero a velo. Non c’è brandy che corregga il gusto dell’uovo.  Cosi lo mangiano anche i bambini. Poi, tra un sorso caldo e il gusto maturo delle uova, chiedo a Cesare quale sia la sua colazione preferita. ‘La colazione di Murzilli? ’ mi ribatte Cesare mentre sorride con uno sguardo che lo riporta ad una gioventù che il capello grigio non tradisce. ‘Latte e “gocciole” per anni, specialmente negli anni dell’università. Il biscotto da inzuppare nel latte, ma con poco latte, quasi che faccia il classico pappone’.

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